Quasi tre anni fa, nel gennaio 2021, abbiamo scoperto una gigantesca contaminazione da PFAS nelle Fiandre, inizialmente insabbiata per salvaguardare i profitti di pochi per realizzare il progetto noto come Oosterweel, il nuovo collegamento autostradale di 15 km sviluppato da Lantis per completare la tangenziale R1 di Anversa (Belgio).
In occasione della recente sentenza del Consiglio di Stato belga, che ha riconosciuto come illegale la gestione dei terreni contaminati da PFAS del cantiere Oosterweel, ricostruiamo la storia di una vicenda che vede tra i protagonisti anche Greenpeace.
Dal progetto di un’autostrada… a un’enorme contaminazione da PFAS
La storia comincia così. Il governo belga decide di investire ben 4,5 miliardi di euro per costruire una circonvallazione intorno alla città. Il progetto, noto anche come “Oosterweel”, nasce dalla necessità di sbloccare il traffico di camion intorno al porto di Anversa, uno degli scali commerciali più importanti d’Europa.
Per completare la costruzione, la società autostradale di proprietà dello Stato, Lantis, deve scavare quasi 14 milioni di metri cubi di terreno. La parte più impegnativa del cantiere è un tunnel sotto il fiume Schelda, in una zona che ospita il più grande polo chimico del Paese e di tutto il continente. Di certo un luogo in cui non si sarebbe mai dovuto scavare. Lo scarico di milioni di metri cubi di terra rivela infatti una scoperta inaspettata: una grave contaminazione ambientale.
Sulla riva sinistra della Schelda, a meno di un miglio dal punto in cui doveva sorgere la grande galleria, si trova lo stabilimento della 3M. La fabbrica ha prodotto dal 1976 al 2002 uno dei più famosi inquinanti eterni, il PFOS, che lo IARC proprio di recente ha dichiarato “probabilmente cancerogeno”.
Dal 2016 al 2022 Lantis misura le quantità di PFOS nei campioni di terreno asportato e il risultato è sorprendente. Nel 60% dei 781 punti monitorati vengono rilevati più di 3 microgrammi di PFOS per chilo di terreno, un livello ben oltre quello che le autorità fiamminghe considerano un rischio ambientale inaccettabile. In alcuni campioni i quantitativi superano i 300 microgrammi per chilogrammo, cento volte più dei limiti. Dati che, almeno inizialmente, vengono taciuti alla collettività: un grande classico quando parliamo di inquinamento da PFAS!
La mobilitazione dal basso, cui ha preso parte anche Greenpeace, ha spinto gli enti pubblici a fare qualcosa che non era mai successo: nel 2021 hanno bloccato temporaneamente alcune delle attività produttive del sito di 3M.
Nel frattempo, viene persino scoperto un accordo stipulato tra 3M e Lantis nel 2018 che prevedeva di utilizzare il terreno più inquinato risultante dagli scavi per costruire una sorta di “muro di sicurezza” all’interno della fabbrica chimica.
Nell’estate del 2022 il governo regionale delle Fiandre ha stabilito un risarcimento di 571 milioni di euro da parte dell’azienda per realizzare alcuni interventi di bonifica.
Com’è andata a finire
Grazie alla mobilitazione di cittadini e cittadini, coadiuvati anche da Greenpeace, la multinazionale 3M è stata obbligata a smaltire in sicurezza tutto il suolo altamente contaminato da PFAS nel suo sito, per proteggere l’ambiente.
Inoltre, sotto la pressione dei risultati dei primi esami del sangue dei residenti da parte del collettivo cittadino Landrecht, il governo è stato costretto anche a mappare finalmente l’enorme diffusione dei PFAS nella zona con ulteriori misurazioni e analisi su campioni di sangue dei residenti nel raggio di di 5 km.
Travolta dagli scandali, la stessa azienda ha annunciato di non voler più produrre a partire dalla fine del 2025.
Infine, proprio di recente, il Consiglio di Stato belga ha definito illegale la gestione dei terreni contaminati da PFAS del cantiere Oosterweel ad Anversa, da parte della società pubblica fiamminga Lantis. La società è colpevole di aver ignorato i principi e la legislazione esistenti in materia di protezione ambientale, rifiuti e trattamento del suolo, oltre ad aver gestito in modo sbagliato e sparso illegalmente senza aver bonificato i terreni.
La sentenza del Consiglio di Stato costituisce un forte precedente legale su come verranno affrontate in futuro le contaminazioni da PFAS: imprese e autorità non potranno più trattare i terreni contaminati come suoli qualsiasi ma dovranno bonificarli, al fine di prevenire un’ulteriore diffusione dell’inquinamento attraverso l’aria e l’acqua.
E in Italia cosa aspettiamo a schierarci contro l’uso massiccio di PFAS?
Aiutaci a chiedere al nostro Governo una legge che li metta al bando una volta per tutte.