“Riteniamo molto preoccupante che l’Italia sia tra i pochi Paesi europei a non avere accolto la revisione della direttiva europea che include per la prima volta gli allevamenti intensivi di bovini tra le industrie inquinanti, continuando a minimizzare gli impatti sul clima. Ancor più se pensiamo che gli enormi quantitativi di ammoniaca prodotti dagli allevamenti sono la seconda causa di formazione di polveri fini nel nostro Paese, uno degli inquinanti atmosferici che ogni anno miete più vittime. Soprattutto in Pianura Padana, considerata la ‘camera a gas d’Europa’”. Così commenta Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, l’isolamento del governo italiano sulla direttiva sulle emissioni inquinanti, discussa ieri al Consiglio dei ministri dell’Ambiente UE

Nonostante il voto contrario dell’Italia, i ministri dell’Ambiente europei hanno infatti deciso di includere gli allevamenti intensivi di bovini nel campo di applicazione della direttiva europea sulle emissioni industriali (IED), escludendo espressamente gli allevamenti “estensivi” con meno capi per ettaro. Per la prima volta, i ministri dell’Ambiente europei hanno infatti preso in considerazione non solo il numero di animali allevati, ma anche la loro densità, per distinguere le attività zootecniche intensive da inserire tra gli impianti industriali inquinanti e quelli che invece rimangono fuori. Sebbene l’accordo dei ministri fornisca maggiore chiarezza su cosa si intende per allevamento intensivo, consentirà comunque a questi allevamenti di continuare a inquinare.

“I ministri europei hanno finalmente riconosciuto il cuore del problema della zootecnia intensiva: troppi animali allevati in aree agricole insufficienti per nutrirli in modo sostenibile e assorbire adeguatamente i loro rifiuti. Identificare il problema è un buon inizio, ma i ministri sembrano temere ancora troppo l’ira delle lobby del settore per indurli a ridurre effettivamente l’inquinamento prodotto da queste attività”, dichiara Marco Contiero, direttore delle politiche agricole di Greenpeace UE.

Un’ira che in Italia si era già espressa attraverso le parole del Segretario generale di Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, che lo scorso novembre aveva letteralmente dato del “gran cornuto” a Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Europea, per avere appunto avanzato questa proposta.

L’accordo raggiunto prevede che gli allevamenti con più di 350 “unità di bestiame adulto”(280 per gli avicoli) e con una densità superiore a due unità di bestiame per ettaro siano classificati come allevamenti intensivi e inseriti nella direttiva sulle emissioni industriali. Il numero di animali da considerare come “unità di bestiame adulto” dipende dalla specie allevata. Lo studio alla base della valutazione d’impatto della Commissione Europea traduce, in media, un capo di bestiame in 1,4 mucche, 4,3 maiali o 48 polli. Ciò significa che la proposta lascia fuori dalla direttiva i grandi allevamenti con meno di 490 mucche da latte, 1.500 maiali o 13.500 polli. I ministri dell’Ambiente chiedono inoltre di prevedere la sola registrazione per gli allevamenti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva, e non la richiesta di specifici permessi per avviare l’attività. Ciò significherebbe che anche i più grandi allevamenti di suini e avicoli, che sono già da anni inseriti nella direttiva come attività industriali, non avrebbero più bisogno di un’autorizzazione.

“Un passo indietro molto grave sulla tutela della salute e dell’ambiente”, aggiunge Savini. “In questo quadro, l’Italia sembra avere l’intenzione di costituire un blocco di minoranza per indebolire ulteriormente le ambizioni ambientali della direttiva. L’auspicio è che prevalga la tutela degli interessi della collettività, piuttosto che di quelli di alcune lobby dell’agroindustria”. 

Il voto della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo sulla revisione della direttiva è previsto per il prossimo 28 aprile, mentre quello in plenaria si attende per maggio o giugno, prima che i negoziati a tre tra Parlamento Europeo, governi nazionali e Commissione Europea arrivino a un compromesso finale.