Commentando l’intervento di giovedì 6 novembre del ministro degli Esteri Antonio Tajani al Vertice per il clima di Belém, la Direttora Esecutiva di Greenpeace Italia Chiara Campione dichiara: «Alla COP30 la presidente Meloni ha scelto di non presentarsi, inviando Tajani a parlare in sua vece: un segnale eloquente del disinteresse del governo verso una delle più gravi crisi del nostro tempo. E Tajani non ha deluso le aspettative, vantandosi di un accordo europeo che Greenpeace ha già definito un fallimento: un obiettivo di riduzione delle emissioni debole, costruito su trucchi contabili e sulla possibilità di scaricare parte dei tagli fuori dall’Unione Europea. Invece di rispondere all’urgenza scientifica e morale indicata da Guterres, questo accordo apre nuove scappatoie per l’industria fossile e rinvia ancora una volta le decisioni necessarie.»
«Il Segretario generale dell’ONU António Guterres ha denunciato che, dopo decenni di negazione e ritardi, abbiamo fallito nel mantenere il limite di 1,5°C. Il superamento sarà temporaneo, ha avvertito, solo se governi e imprese agiranno ora con decisione. Ha definito questa inazione un “fallimento morale e una negligenza mortale”. Parole che dovrebbero scuotere ogni leader, ma che il ministro Tajani ha ignorato scegliendo la via della retorica e di una leadership prigioniera degli interessi fossili.»
«La retorica dell’attendismo climatico – quella che presenta il nucleare e altre false soluzioni come inevitabili – serve solo a giustificare l’inazione e a suggellare la dipendenza fossile del nostro Paese. Un discorso che sembra scritto da Eni, non da un ministro della Repubblica italiana, e che conferma l’allineamento del governo con chi alimenta la crisi climatica invece di contrastarla.»
«Difendere gli interessi fossili non è leadership: è una resa. È scegliere di stare dalla parte sbagliata della storia, contro le persone, contro il pianeta e contro il futuro. E questo non è progresso: è complicità».


