Nonostante prosegua il disinvestimento di molte delle principali compagnie assicurative dal settore del carbone, gli impegni presi dal comparto assicurativo globale non sono ancora sufficienti per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e contrastare l’emergenza climatica in corso sul Pianeta. È quanto emerge dall’ultimo report della campagna internazionale Insure our Futuredi cui fanno parte Re:Common e Greenpeace – che, da questa edizione, valuta anche gli impegni del settore assicurativo nel comparto di petrolio e gas. Se il carbone è infatti responsabile del 40 per cento delle emissioni globali di CO2 relative al settore energetico, la combinazione di petrolio e gas arriva al 55%.

Secondo quanto contenuto nel report di Insure our future, la maggior parte degli assicuratori europei e australiani non fornisce più copertura a nuove miniere o centrali a carbone. Tuttavia, le principali compagnie statunitensi e asiatiche, come Liberty Mutual, Chubb, Tokio Marine e Sompo, nonché la londinese Lloyd’s, assicurano ancora pesantemente il settore del carbone. Inoltre il comparto assicurativo globale non è finora riuscito a intraprendere iniziative di rilievo su petrolio e gas.

Assicurazioni Generali, principale compagnia assicurativa italiana e leader a livello mondiale, pare invece aver fermato il suo contributo al contrasto all’emergenza climatica in corso. Se si escludono i recenti impegni relativi al settore delle sabbie bituminose, gli ultimi impegni di rilievo rispetto all’esposizione nel settore del carbone sembrano fermi al 2018, e sono insufficienti.

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