Se ieri sera eravate a Milano, vi sarà capitato forse di vedere proiettate delle animazioni nel centro della città: sui palazzi del nuovo complesso di Porta Garibaldi e sul Pirellone, sul castello sforzesco e fino a San Babila, insomma, su tutti i luoghi chiave del capoluogo, è comparso il logo di Mareblu, che, emergendo dal mare, trascina con sè una rete piena di tonni, squali e tartarughe in fin di vita, mentre del sangue gocciola dalle sue lettere macchiando di rosso il mare.

È il video proiettato dai nostri attivisti per tenere alta l’attenzione sull’azienda di tonno in scatola che sta svuotando gli oceani, uccidendo ogni anno migliaia di baby-tuna e altri animali marini, tra cui squali e tartarughe.

Solo due anni fa Mareblu si era impegnato per una pesca 100% sostenibile, e invece oggi solo nello 0,2% dei suoi prodotti finisce tonno pescato con metodi selettivi come la pesca a canna. È ora che i consumatori sappiano che dietro il logo di Mareblu si nascondono solo false promesse e pratiche di pesca che distruggono i nostri mari!

Come se non bastasse Mareblu è di proprietà del colosso mondiale Thai Union, più volte conivolto in scandali di violazione dei diritti dei lavoratori e al centro della recente indagine di Associated press che lo lega a episodi di lavoro forzato e minorile lungo le sue filiere di produzione dei gamberi. Cos’altro dobbiamo aspettarci prima che questa aziende si assuma la responsabilità di quanto succeede in questo settore fuori controllo e si decida ad agire?

Vuoi darci una mano a difendere il mare dalla pesca distruttiva e a tutelarei diritti dei lavoratori? Chiedi anche tu a Mareblu di impegnarsi seriamente e scopri la nostra classifica dei “rompiscatole”.