La minaccia dei petrolieri ai mari italiani, mai venuta meno negli ultimi anni, si estende ora alle acque dello Ionio, al largo di Santa Maria di Leuca, su un’area che, secondo la Convenzione sulla Biodiversità (Convention on Biological Diversity – CBD), è classificata come EBSA, ovvero come particolarmente preziosa per l’ecosistema marino nel suo complesso.

È quanto denuncia Greenpeace Italia con un nuovo rapporto, “Troppo rumor per nulla. Un altro assalto degli air gun al nostro mare, tra Adriatico e Ionio”.

La ricerca di nuovi giacimenti di fonti fossili sotto i nostri fondali è il fattore che muove, in questo caso, la Edison S.p.A. (Permesso di Ricerca di Idrocarburi Liquidi e Gassosi “d 84F.R-EL”), e avverrebbe ancora una volta con la tecnica dell’air gun. Un dispositivo che, generando artificialmente onde d’urto e analizzandone la riflessione sui fondali marini, permette di identificare i depositi di idrocarburi offshore. Per la ricerca di un giacimento marino sono impiegati decine di air gun, disposti su due file a una profondità di 5-10 metri: producono violente detonazioni ogni 10-15 secondi per settimane, continuativamente. Il rumore generato è almeno doppio rispetto a quello del decollo di un jet.

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