Due attivisti attaccano il manifesto di Laika con la scritta "Greenpeace will not be silenced", ovvero "Greenpeace non sarà messa a tacere"
L’opera di Laika davanti all’ambasciata degli Stati Uniti

Questa mattina l’artivist Laika, celebre per le sue opere di street art di denuncia sociale, è entrata in azione a Roma in solidarietà con Greenpeace, attaccando nei pressi dell’ambasciata degli Stati Uniti un’opera raffigurante una attivista che, con un megafono, urla “Greenpeace will not be silenced” (“Greenpeace non verrà messa a tacere”). Nelle ore precedenti, centinaia di poster con la stessa opera sono comparsi in diversi quartieri della Capitale. 

«Oggi scendo in strada per difendere Greenpeace e il diritto di protesta: il verdetto contro Greenpeace per oltre 660 milioni di dollari da parte di una giuria del Nord Dakota è un attacco diretto alla libertà di espressione» ha spiegato l’artivist Laika. «Greenpeace è accusata ingiustamente per aver espresso contrarietà contro l’oleodotto Dakota Access, un progetto che minaccia l’ambiente e i diritti delle popolazioni indigene. Questa causa è una SLAPP (Strategic Lawsuit Against Public Participation), una strategia intimidatoria delle grandi aziende per zittire chi alza la voce. Far passare la protesta ambientalista per “eco-terrorismo” è un pericoloso precedente che mette a rischio chiunque si batta per giustizia climatica e diritti civili. In un clima autoritario crescente – negli Stati Uniti come in Italia, dove il governo Meloni ha approvato un decreto sicurezza repressivo, degno dei “migliori regimi autoritari” – è fondamentale farsi sentire. Oggi tocca a Greenpeace. Domani può toccare a tutte e tutti noi.
 Difendiamo chi lotta per il futuro del nostro pianeta. Non resteremo in silenzio», conclude. 

Energy Transfer vorrebbe metterci a tacere, ma non ci fermeremo

Lo scorso 19 marzo una giuria di nove persone della Contea di Morton, in Nord Dakota, ha emesso il proprio verdetto sulla causa temeraria e infondata mossa da Energy Transfer contro Greenpeace negli Stati Uniti e Greenpeace International, chiedendo oltre 660 milioni di dollari di risarcimento per le proteste contro l’oleodotto Dakota Access. Se il verdetto sarà confermato dal giudice nei prossimi giorni, le multinazionali dei combustibili fossili si sentiranno legittimate a negare la libertà di parola a chiunque protesti pacificamente. 

La precedente amministrazione Trump aveva passato quattro anni a smantellare le politiche di protezione dell’aria e dell’acqua e la sovranità indigena. Ora insieme ai suoi alleati vuole finire il lavoro zittendo ogni forma di protesta pacifica. Ma la nostra lotta non finisce qui.

Greenpeace USA ha già annunciato appello contro il verdetto, mentre Greenpeace International ha deciso di mettere alla prova la Direttiva anti-SLAPP dell’Unione Europea, presentando un’azione legale presso un tribunale dei Paesi Bassi contro l’azienda statunitense, per recuperare tutti i danni subiti per via delle cause ripetute e prive di merito di Energy Transfer.

Attivista di Greenpeace USA regge uno striscione con la scritta "resist". Sullo sfondo, la faccia di Trump.

Anche in Italia c’è chi vuole zittire il dissenso 

Le azioni legali come quella di Energy Transfer sono chiari esempi di SLAPP, cause temerarie intentate per bloccare anche le organizzazioni non profit impegnate nella difesa dell’ambiente con ingenti spese legali, nel tentativo di portarle al fallimento economico e, in ultima analisi, di mettere a tacere ogni dissenso, anche quello espresso da singoli attivisti. 

In Italia, nel silenzio della gran parte dei media, anche ENI ricorre spesso a questo espediente legale per soffocare ogni critica nei suoi confronti. Negli ultimi anni, le intimidazioni legali di ENI hanno colpito giornali, trasmissioni televisive e singoli giornalisti. Di recente, ENI ha intentato una SLAPP contro noi, Greenpeace Paesi Bassi e ReCommon, che arriverà in tribunale nei prossimi mesi.

Per questo, Energy Transfer ed ENI hanno rispettivamente ricevuto dalla coalizione europea anti-SLAPP Case il premio simbolico “International Bully of the Year” (“Bullo internazionale dell’anno”) e “SLAPP Addict Of The Year” (“Realtà dipendente da SLAPP dell’anno”). 

L’attivismo non si può mettere a tacere

Mentre il pianeta è ancora una volta sotto attacco, assistiamo all’incredibile paradosso che la lotta al riscaldamento globale sta diventando pericolosa per la società civile, per la comunità scientifica e per chiunque cerchi di contrastare la crisi climatica e denunciare le responsabilità dietro il collasso ambientale che colpisce le nostre vite.

Non ci faremo certo intimidire né fermare dalla pericolosa arroganza delle compagnie fossili: continueremo a portare avanti le nostre battaglie in difesa del clima e dell’ambiente con ancora maggior forza e determinazione.