Sembra la trama di un film distopico, invece è la realtà. Le grandi compagnie petrolifere, giorno dopo giorno, stanno affinando nuove strategie per mettere a tacere chiunque osi sfidare il loro potere. Tra queste c’è un’arma legale silenziosa ma potentissima: sono le SLAPP (Strategic Lawsuit Against Public Participation) – ovvero cause legali strategiche che le aziende usano sempre più spesso per sopprimere la libertà di parola e di protesta, spegnendo ogni forma di dissenso. 

L’obiettivo è semplice: intimidire e logorare economicamente chiunque cerchi di opporsi ai loro interessi.

Tra gli esempi più clamorosi di SLAPP c’è lei: la denuncia milionaria che Energy Transfer, gigante del settore petrolifero, ha intentato contro Greenpeace International e Greenpeace negli USA. Il motivo? Riscrivere la storia della protesta guidata dalle tribù Sioux nel 2016 contro la costruzione dell’oleodotto Dakota Access, nella riserva di Standing Rock. L’accusa – del tutto infondata – è che sia stata Greenpeace ad orchestrare le proteste delle tribù.

Questa è la storia di come un gigante del petrolio stia cercando di riscrivere il significato di un atto di resistenza collettiva. Ripercorriamo insieme le origini della protesta di Standing Rock, la risposta di Energy Transfer e le conseguenze di una sentenza che rischia di zittire per sempre la libertà di protesta.

In risposta alla crescente minaccia contro la libertà di parola e le proteste pacifiche, Greenpeace USA ha illuminato Houston con messaggi di resistenza nei luoghi iconici della città

Dove tutto è iniziato: la protesta di Standing Rock

Nel 2016, la tribù Sioux di Standing Rock è diventata il cuore pulsante di una delle più potenti mobilitazioni ambientaliste della storia recente. L’obiettivo della protesta era semplice: fermare la costruzione del Dakota Access Pipeline, un oleodotto progettato dalla compagnia Energy Transfer per trasportare petrolio greggio dal Nord Dakota all’Illinois. Ma le tribù Sioux non ci stanno: l’oleodotto avrebbe attraversato i loro territori e minacciato la loro principale fonte d’acqua, il fiume Missouri. La posta in gioco è altissima e la tribù decidono di agire.

La risposta è immediata. Migliaia di attivisti, compresi i rappresentanti di oltre 300 nazioni tribali, si uniscono al movimento di protesta. Mentre la costruzione del “Black Snake” si avvicina sempre di più al fiume Missouri, tra l’estate e l’autunno del 2016 le crescenti proteste anti-oleodotto richiamano l’attenzione nazionale e poi globale. Il mondo intero guarda a Standing Rock.

Una falange della Guardia Nazionale e della polizia avanza verso una manifestante che tiene in mano una piuma d'aquila
Una falange della Guardia Nazionale e della polizia avanza verso una manifestante nei pressi dell’accampamento allestito vicino alla Standing Rock Reservation, sul percorso dell’oleodotto Dakota Access, dove sono state arrestate 117 persone

Nonostante l’amministrazione Obama avesse inizialmente bloccato il progetto, l’elezione di Donald Trump nel 2016 cambia le carte in tavola. Tra i primi atti del nuovo presidente c’è proprio l’approvazione dell’oleodotto. L’amministratore delegato di Energy Transfer, Kelcy Warren, aveva da poco donato 250.000 dollari per sostenere la cerimonia di insediamento del neo-presidente, e in seguito avrebbe donato altri 10 milioni per finanziare la campagna elettorale di Trump per la corsa alle presidenziali del 2020. 

Nel giugno 2017, il “Black Snake” entra in funzione, ma la resistenza continua. Nel 2020, un giudice federale ordina una nuova valutazione ambientale. Nonostante questo, l’oleodotto non viene fermato. 

Una manifestante tiene in mano della salvia sacra mentre cammina di fronte alla Guardia Nazionale pesantemente armata e alla polizia
Guardia Nazionale e polizia respingono i manifestanti dall’accampamento allestito sul percorso dell’oleodotto Dakota Access

L’attacco legale: perché Energy Transfer ha fatto causa a Greenpeace

Colpita nel vivo dal successo della protesta anti-oleodotto, Energy Transfer ha deciso di passare al contrattacco legale. 

Nel 2017, ha intentato una causa federale da 300 milioni di dollari accusando Greenpeace di aver orchestrato le proteste attraverso una “campagna di disinformazione e di essere il centro di una “impresa criminale” – un’accusa basata sulla legge RICO, usata originariamente contro la mafia. 

Un cordone di forze militari armate respinge i manifestanti con gas lacrimogeni, spray al peperoncino e proiettili di gomma
Le forze dell’ordine respingono i manifestanti con gas lacrimogeni, spray al peperoncino e proiettili di gomma

Fortunatamente, nel 2019 un giudice federale ha respinto queste deboli argomentazioni, insieme all’accusa di associazione a delinquere. Tuttavia, il giudice non si è mai pronunciato sulle richieste di risarcimento danni, e molte di queste argomentazioni infondate sono riemerse quando Energy Transfer ha ripresentato la causa presso il tribunale statale del North Dakota.

Il risultato è devastante. A marzo 2025 una giuria del Nord Dakota ha dichiarato Greenpeace International e Greenpeace negli USA colpevoli delle accuse rivolte loro da Energy Transfer, condannandoli a pagare oltre 660 milioni di dollari di risarcimento, più del doppio della cifra inizialmente richiesta. Una sentenza iniziale – oggi in attesa del verdetto del giudice – che potrebbe avere un impatto disastroso non solo su Greenpeace, ma su tutto il movimento per la giustizia climatica.

Greenpeace non ha organizzato le proteste di Standing Rock e non ha diretto nessuna delle attività che vi si sono svolte

La verità è che uno dei movimenti di protesta più potenti della storia recente è stato organizzato da attivisti nativi che da secoli si trovano ad affrontare politiche governative volte ad appropriarsi delle loro terre, cercando di cancellare la loro cultura. 

Sostenere che le proteste di Standing Rock siano state orchestrate da Greenpeace è un tentativo subdolo di depotenziare la potenza del messaggio delle tribù Sioux, riducendolo a una semplice contestazione causata da quella che Energy Transfer sta cercando di far passare come una mera “campagna di disinformazione” – cosa che non è.

Questa causa mette a rischio la libertà di tutti e tutte noi

Non è solo una causa contro Greenpeace. È un attacco contro la libertà di protesta e contro chiunque difenda il pianeta e i diritti umani.

Le SLAPP sono un abuso del sistema giudiziario: strumenti legali usati per zittire il dissenso, scoraggiare la partecipazione pubblica e spaventare gli attivisti con richieste di risarcimento astronomiche.

Se Energy Transfer vincesse definitivamente questa battaglia, il messaggio pericoloso che ne deriverebbe è chiaro: chi osa sfidare i giganti dei combustibili fossili, ne pagherà le conseguenze. Care, molto care.

L’opera dell’artista e attivista Laika allestita davanti all’ambasciata degli Stati Uniti, a Roma, in supporto di Greenpeace

Non finisce qui: Greenpeace farà appello!

La nostra lotta contro la SLAPP di Energy Transfer continua. La posta in gioco di questa causa intimidatoria è troppo alta per fermarsi finché non sarà fatta giustizia. Non ci arrenderemo.

Greenpeace International ha già presentato una propria denuncia contro Energy Transfer presso un tribunale dei Paesi Bassi, avvalendosi della legislazione anti-SLAPP dell’Unione Europea, per ottenere il risarcimento dei danni e dei costi sostenuti dall’organizzazione a seguito delle azioni legali intraprese dall’azienda petrolifera. Ma c’è ancora molto da fare.

Questa lotta va ben oltre la difesa di Greenpeace: riguarda il diritto alla protesta, alla libera espressione e alla giustizia ambientale. È una battaglia che ci riguarda tutti.

Non possiamo restare in silenzio. Solo uniti possiamo difendere la libertà di parola, proteggere Greenpeace e fermare l’assalto dei giganti fossili!

Aiutaci a difenderci da Energy Transfer e da chiunque voglia zittire la nostra voce