Commentando la richiesta di Enel di anticipare la chiusura del Gruppo 2 della centrale termoelettrica Enel “Federico II” di Brindisi a partire dal primo gennaio 2021 e di chiudere le proprie centrali a carbone in Cile – con un piano per completare 2 GW di capacità rinnovabile nel Paese attraverso Enel Green Power Chile – Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia, dichiara:

«La decisione di Enel di voler anticipare la chiusura delle centrali a carbone in Cile e in Italia è un’ottima notizia, attesa a lungo da chi ha a cuore le sorti del clima del Pianeta e da chi subisce direttamente, e quotidianamente, gli impatti dei combustibili fossili, ovvero chi vive nei pressi di questi impianti. È ormai tempo che il carbone vada in pensione, ma è importante che al suo posto si punti sulle energie rinnovabili, e non su altri combustibili fossili inquinanti come il gas».

In Cile ENEL ha richiesto la chiusura dell’Unità I dell’impianto di Bocamina entro il 31 dicembre 2020 e l’Unità II del medesimo impianto entro il 31 maggio 2022. A Brindisi, una nota del Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato ENEL a chiudere il gruppo 2 di Brindisi Torre Cerano il primo gennaio del 2021. Greenpeace ritieni che i piani di Enel relativi alla trasformazione dell’impianto in una centrale a gas siano però assolutamente negativi.

«La scelta di iniziare a chiudere la centrale a carbone di Brindisi, una delle più inquinanti d’Europa, a partire dal primo gennaio 2021 è senza dubbio positiva, purtroppo però rovinata dalla volontà dell’azienda di convertire l’impianto a gas fossile», continua Giannì. «Da un punto di vista climatico, passare dal carbone al gas significa non accelerare come necessario verso la vera soluzione, ovvero energie rinnovabili, efficienza energetica e sistemi di accumulo. Cittadine e cittadini di Brindisi meritano un futuro diverso. Dopo decenni di inquinamento legato al carbone, per la città occorrerebbe una transizione energetica che metta al centro i lavoratori e l’ambiente».