Lo scorso 20 marzo, una giuria di nove persone della Contea di Morton ha emesso un verdetto sulla causa temeraria e infondata mossa da Energy Transfer contro Greenpeace negli Stati Uniti (Greenpeace Inc e Greenpeace Fund) e Greenpeace International, ritenendole responsabili per oltre 660 milioni di dollari. A distanza di alcune settimane, si è tenuta ieri la prima udienza post verdetto. Durante il dibattimento, Greenpeace ha chiesto la riduzione dei 660 milioni di dollari di danni che sono stati stabiliti nel verdetto della giuria a favore di Energy transfer, dal momento che tale risarcimento supera quanto consentito dalla legge e non ha alcun rapporto ragionevole con i presunti danni subiti da Energy Transfer.

«Sebbene la corte si sia riservata di decidere sulle mozioni di oggi e non abbia ancora emesso una sentenza definitiva, abbiamo presentato argomentazioni convincenti per ridurre i danni sproporzionati assegnati dalla giuria», dichiara Kristin Casper, consulente legale generale di Greenpeace International. «Indipendentemente dall’esito di questo dibattimento, Greenpeace International è determinata a percorrere tutte le vie legali per contestare e ribaltare qualsiasi decisione che viola i nostri diritti».

“La nostra battaglia è tutt’altro che finita», aggiunge Deepa Padmanabha, consulente legale senior di Greenpeace USA. «Questa udienza è stata un altro passo in questa importante disputa legale per difendere il diritto alla protesta e la libertà di espressione, soprattutto in un momento in cui questi diritti subiscono attacchi senza precedenti. In attesa della decisione della corte sulla nostra mozione per chiedere la riduzione del risarcimento, continueremo a opporci a ogni tentativo di mettere a tacere e intimidire chi dice la verità».

La prossima udienza, prevista per il 27 maggio 2025, affronterà le rinnovate richieste degli avvocati di Greenpeace affinché la Corte si pronunci a loro favore — nonostante il verdetto contrario della giuria — poiché le prove presentate durante il processo sarebbero giuridicamente insufficienti per supportare la decisione a favore di Energy Transfer. Anche altre questioni post-processuali potrebbero essere sollevate e discusse durante la prossima udienza.

La causa intentata da Energy Transfer rappresenta un esempio lampante di SLAPP (Strategic Lawsuit Against Public Participation), un tipo di causa legale che mira a soffocare il diritto alla protesta di organizzazioni no profit e singoli attivisti con spese legali esorbitanti, spingendoli verso la bancarotta e, in ultima analisi, mettendo a tacere il dissenso. Negli ultimi anni, anche altre grandi compagnie petrolifere come Shell, TotalEnergies ed ENI hanno presentato SLAPP contro alcuni uffici di Greenpeace.

«Anche in Italia stiamo affrontando una SLAPP intentata da ENI nei nostri confronti» dichiara Simona Abbate della campagna Clima “La strategia delle compagnie fossili e dei governi negazionisti al potere è ormai chiara: mentre il pianeta è sotto la minaccia delle loro scelte fossili, a essere “pericolosi” sono gli scienziati, le ONG, gli attivisti che difendono il clima e l’ambiente. Invece di far pagare chi inquina e distrugge ambiente e clima, si vorrebbe condannare chi cerca di tutelare persone e pianeta. Ma noi non ci arrendiamo, resistiamo a questi attacchi e reagiamo per cercare di tutelare il presente e il futuro collettivi».