Gli allevamenti di tonno rosso del Mediterraneo sono, per molti motivi, nell’occhio del ciclone. Il termine “allevamento” è in realtà fuorviante. Si tratta infatti, sul piano tecnico, di un’attività di “ingrasso”: il pesce viene pescato in mare e trasferito in gabbie dove – letteralmente – ingrassa, aggiunge cioè grasso alla massa corporea.

Il sistema di ripartizione in quote della TAC prevede che i singoli Paesi assegnino una quota annuale alle loro imbarcazioni impegnate in questa attività: si privatizza una risorsa comune e si decide chi la può pescare e chi resta fuori. Le tonnare volanti del Consorzio di Salerno “posseggono” circa il 60 per cento del tonno rosso “italiano”: non è una responsabilità da poco. Con questi numeri, non sorprende che proprio a Cetara – dove risiedono la maggior parte delle imbarcazioni del Consorzio – sia stato proposto un impianto per l’ingrasso dei tonni.

Greenpeace ha ottenuto copia di uno studio, commissionato dal Comune di Cetara, che intende valutare l’impatto dell’impianto proposto. L’Analisi di Compatibilità Ambientale [ Aca ] sembra molto approfondita per quanto riguarda i dettagli tecnologici, ma assai meno rigorosa nell’analisi delle possibili fonti di rischio ambientale e nella valutazione dei possibili danni.

Secondo Greenpeace questo impianto non deve essere realizzato, sia per il rischio ambientale che per gli effetti sulla popolazione del tonno rosso. È necessario proteggere i tonni nelle loro zone di riproduzione, come le Isole Baleari o il Tirreno meridionale e dare a questi grandi pesci la possibilità di moltiplicarsi.

Greenpeace si batte per l’istituzione di una rete globale di riserve marine che tuteli il 40 per cento dei mari del Pianeta, incluso il Mediterraneo.

Leggi il nostro report