La sede italiana viene aperta nel 1986, anche grazie all’impulso di David McTaggart, presidente del Board di Greenpeace International, e personalità più carismatica dell’organizzazione dopo il ritiro di Bob Hunter. È una fase di grande sviluppo del movimento ambientalista e Greenpeace – radicato soprattutto nel Nord Europa, Nord America e Pacifico – si prepara a diventare un’organizzazione realmente globale.
Aprire un ufficio in Italia significa lanciare un ponte verso il Sud Europa e il Mediterraneo, verso l’Africa, il Medio Oriente e il mondo arabo, così come il contemporaneo nuovo ufficio in Unione Sovietica serve a creare un collegamento con quella parte d’Europa che da tempo vive oltre il Muro. McTaggart vuole fortemente aprire una sede a Roma: rifiuta ogni proposta di rivolgersi verso Milano. È una volontà così forte che negli anni successivi l’Italia diventerà la base delle attività per lui e per altri membri del Board di Greenpeace International.
Contro il nucleare
Le prime attività di Greenpeace Italia riguardano il nucleare: l’intervento contro il trasporto dei rifiuti dalla centrale di Borgo Sabotino (Latina) a Sellafield; poi la scalata della stessa centrale e del Colosseo, a Roma; e ancora il blitz contro la base dei sottomarini nucleari americani a La Maddalena. È passato poco tempo dal disastro di Cernobyl che, nell’aprile del 1986, aveva scosso l’opinione pubblica di tutto il mondo. In Italia si sta promuovendo un Referendum sul nucleare, che si terrà l’anno successivo e che vedrà una vittoria antinucleare.
L’attenzione verso questo tema è una costante dell’ufficio italiano, che sviluppa la campagna più importante della sua storia nel 2011 quando un altro Referendum, a giugno, cancella definitivamente il nucleare dall’Italia. Il ruolo di Greenpeace in questa vittoria è fondamentale. In seguito a un altro importante disastro (Fukushima, Giappone), cinque attivisti decidono di chiudersi in un “rifugio”, comportandosi come se si trovassero in un’emergenza nucleare e seguendo i protocolli di sicurezza. I loro “messaggi in bottiglia”, un gigantesco contenitore per le scorie nucleari con vista sulla Chiesa di San Pietro e l’enorme striscione aperto da Greenpeace allo Stadio Olimpico di Roma, durante la finale della Coppa Italia di calcio, sono le pietre miliari di una campagna iconica.
Fin dalla sua nascita Greenpeace Italia denuncia il traffico di rifiuti tossici prodotti dalle industrie italiane e trasportati illegalmente in Africa da navi pirata. Quando la petroliera Haven brucia nel Golfo di Genova, Greenpeace arriva immediatamente sul posto, fornendo le prime immagini del disastro. Per salvare il Mediterraneo dalla minaccia della pesca a strascico e delle reti da posta derivanti, che uccidono delfini e capodogli, attivisti e attivisti non esitano a confrontarsi con pescatori e istituzioni.
All’inizio degli anni Novanta al centro dell’azione di Greenpeace in Italia c’è il Petrolchimico di Porto Marghera. E quando la Francia – nel 1995 – annuncia nuovi test nucleari a Mururoa, in Polinesia, tutto il mondo si oppone: a Roma, la popolare cantante Gianna Nannini sale insieme a Greenpeace sul balcone dell’ambasciata francese a Palazzo Farnese e si esibisce per i passanti nella piazza rinascimentale.
Nasce la campagna Clima ed Energia
Il riscaldamento globale è ormai una realtà riconosciuta: la campagna Clima ed Energia diventa rapidamente una priorità assoluta per l’ufficio italiano. Ma vittorie importanti arrivano da campagne diverse: la progressiva eliminazione delle reti derivanti dal pesce spada dal Mediterraneo; l’istituzione del Santuario dei cetacei nel Mar Ligure; la prevenzione delle semine illegali di OGM in Italia fino all’istituzione di un divieto ufficiale di coltivazione di OGM; la moratoria sull’uso dell’olio di palma proveniente dalla deforestazione dell’Indonesia promossa da Ferrero (Nutella); le oltre trenta aziende del distretto tessile pratese che aderiscono ai principi Detox.
Il nuovo Millennio
Il nuovo Millennio vede la crescita di Greenpeace Italia, le cui dimensioni consentono ora una maggiore capacità operativa. Tra il 2006 e il 2014 Greenpeace Italia conduce una grande campagna contro i piani di sviluppo del carbone dell’ENEL, la principale utility italiana e una delle più grandi a livello globale, che si conclude con un grande spostamento dei progetti aziendali in direzione delle rinnovabili e dell’efficienza.
Viene introdotto un nuovo approccio integrato nella pianificazione del Programma, incentrato su tre diverse aree tematiche: “Clima”, “Cibo” e “Mare/Plastica”. L’obiettivo è la transizione ecologica dell’Italia, con grandi sforzi compiuti durante la pandemia di Covid-19 per influenzare i piani di ripresa. L’obiettivo più importante è ora l’ENI, la major del settore oil&gas, i cui piani e attività rappresentano il principale ostacolo alla decarbonizzazione dell’economia italiana. L’ufficio italiano ha vinto molte campagne, ma ora la sfida è ancora più ardua (come per Greenpeace a livello globale): porre fine all’era dei fossili.