Il greenwashing è uno dei fenomeni più subdoli e pericolosi del nostro tempo. È quella “pennellata di verde” che permette alle aziende inquinanti di fingersi green e nascondere il proprio impatto ambientale. Per imparare a riconoscerlo e contrastarlo, abbiamo chiesto dei consigli alle esperte e agli esperti di “Voci per il clima”: una rete indipendente di più di 100 personalità con diverse competenze impegnate in prima linea contro il greenwashing e la disinformazione sul clima.

Il giornalista Ferdinando Cotugno, autore della newsletter sul clima Areale per il Domani, ci guida nel mondo del greenwashing delle aziende fossili.

Ciao Ferdinando, grazie per la tua disponibilità. Ci spieghi cos’è e come funziona il greenwashing delle aziende fossili? 

Il greenwashing del fossile è peculiare perché aggiunge pochissima energia pulita a un oceano di energia fossile, provando a farci vedere solo quella pulita. Tutte le aziende fossili hanno delle attività con le fonti rinnovabili di energia. Il greenwashing consiste nel far perdere proporzione delle rinnovabili rispetto al volume di tutte le altre attività di estrazione di petrolio e gas. Fare un piccolo pezzo di transizione e raccontarlo come il tutto. Mostrare solo quella gocciolina verde in un mare di nero fossile, per inquinare il dibattito e perpetuare lo status quo. Il greenwashing serve a darci l’illusione che un cambiamento stia avvenendo, quando il cambiamento è ancora troppo piccolo e troppo lento rispetto alla scala di cui abbiamo bisogno. Non dimentichiamoci che il punto della transizione è sostituire energia fossile con rinnovabili, non aggiungere un po’ di rinnovabili a un monte di estrazioni di petrolio, gas e carbone. 

Quindi queste aziende non stanno cambiando davvero? 

Oggi solo il 2% degli investimenti nella transizione viene dalle aziende del petrolio e del gas. La transizione la stanno facendo tutti gli altri, eppure loro sono al centro del sistema energetico. Il motivo è che ci sono ancora profitti da fare con il fossile nel breve termine e oggi le aziende del petrolio e del gas ragionano troppo sul breve termine, contro il loro stesso interesse di lungo periodo. Più hanno la sensazione che la transizione stia avvenendo e più corrono a estrarre. È come se ci fosse una corsa agli ultimi fuochi, che rischiano di durare per decenni, rallentando e ostacolando la transizione. 

Come si riconosce il greenwashing dell’industria energetica? 

Uno degli elementi del greenwashing è la sottrazione al dibattito pubblico. Si riconosce dal tentativo di presentare lo status quo energetico attuale come lo stato naturale delle cose, non come un frutto di scelte energetiche precise che rispondono a determinati interessi. 

Un’altra spia di greenwashing è la retorica sulla sicurezza energetica, una strategia che abbiamo osservato molto chiaramente dopo l’invasione russa dell’ Ucraina, quando ci siamo resi conto che il gas che compravamo dalla Russia era pericoloso da un punto di vista geopolitico e geostrategico. In nome della sicurezza energetica, abbiamo cercato nuove forniture di energia. Quello che abbiamo fatto però non è stato investire su fonti autenticamente più sicure, come le rinnovabili, anche da un punto di vista geopolitico, ma semplicemente sostituire un grande dittatore, Putin, con 10 piccoli dittatori, illudendoci di ridurre un rischio che in realtà abbiamo solo spacchettato e diversificato. 

Come possiamo contrastare il greenwashing del fossile?

Ci sono tre livelli. Le scelte individuali in materia di energia non vanno trascurate. Siamo tutti consumatori e consumatrici di energia. Quindi nelle nostre case possiamo, quando possiamo e se possiamo, fare scelte sostenibili ed essere sicuri che la maggior parte o, ancora meglio, tutte le forniture energetiche in casa nostra vengono da fonti rinnovabili. E poi abbiamo due gesti potentissimi: dove indirizziamo il nostro voto e dove indirizziamo i nostri soldi. L’energia è qualcosa che ha a che fare con una scala molto più grande che travalica i nostri confini. Ma noi abbiamo due punti di accesso a quella scala che sono i nostri risparmi, e cioè scegliere banche che non investono nelle fonti fossili, e il nostro voto, cioè non dare voti a partiti e politici che sono compromessi con il fossile.

Vuoi saperne di più sul greenwashing ed entrare in contatto con gli esperti e le esperte di “Voci per clima”?