Non solo il cibo che arriva sulle nostre tavole: ora anche il vino che beviamo è contaminato da PFAS.
A dirlo è lo studio “Message from the Bottle” pubblicato dal Pesticide Action Network (PAN Europe) che ha rilevato la presenza di TFA, ovvero l’acido trifluoroacetico, nei vini di dieci Paesi europei. Tra questi compare anche l’Italia: nello studio sono stati infatti analizzati dei campioni di Chianti, Prosecco e Kalterersee, dove sono stati riscontrati livelli di contaminazione preoccupanti.

Dieci Paesi dell’Unione europea, 49 vini analizzati: cosa ci dicono i dati sulla contaminazione da PFAS
Lo studio di PAN ha esaminato 10 vini imbottigliati prima del 1988 e 39 vini recenti provenienti da 10 Paesi europei, Italia inclusa. In 45 delle 49 bottiglie analizzate è stata riscontrata la presenza del TFA. E non è tutto: l’indagine in alcuni casi ha rilevato livelli di contaminazione addirittura 100 volte superiori a quelli riscontrati nell’acqua potabile.
Nello specifico, i ricercatori hanno registrato nei vini recenti una concentrazione mediana di 110 microgrammi per litro (µg/l) e livelli di picco fino a 320 µg/l, record detenuto da un bianco austriaco del 2024. Tuttavia questi dati riguardano solo i vini recenti: nei vini più vecchi non è stata trovata traccia di PFAS.
Cosa ci dicono invece i dati sui tre vini italiani analizzati, ovvero il Chianti, il Prosecco e il Kalterersee? Una bottiglia di Chianti è risultata quella con il maggior livello di TFA (120 microgrammi per litro), seguita dal Prosecco (69) e dal Kalterersee (43).
I vini imbottigliati prima del 1988, invece, non presentano tracce di TFA: un segnale chiaro di come l’uso dei PFAS, negli ultimi decenni, sia aumentato in modo esponenziale
Ma come arrivano i PFAS nel vino?
A spiegarlo è Helmut Burtscher-Schaden, chimico ambientale della GLOBAL 2000 che ha collaborato al report. I PFAS sono usati in molti dei fertilizzanti che vengono impiegati nella filiera agricola destinata alla viticoltura: è così che il TFA raggiunge il prodotto finale – il vino – risalendo dalle radici della pianta fino all’acino d’uva. Non è privo di rischi, anche se minori, neppure il vino biologico: segno che il TFA può diffondersi anche attraverso l’acqua, la pioggia o il suolo inquinato.
In molti fertilizzanti l’utilizzo dei PFAS, compreso il TFA, è aumentato drasticamente negli anni e oggi tutti i distretti in cui esistono grandi coltivazioni industriali devono fare i conti con il pericolo di contaminazione.

Il TFA trovato nei vini analizzati rappresenta un pericolo per salute e ambiente?
L’acido trifluoroacetico (TFA) è una molecola a catena ultracorta che appartiene all’ampio gruppo dei PFAS, sostanze per- e poli-fluoroalchiliche conosciute anche come “inquinanti eterni” perché in grado di contaminare l’ambiente per lunghi periodi di tempo.
Oggi il TFA risulta il PFAS più diffuso al mondo e il suo uso non è ancora stato regolamentato. Come i PFAS più noti, anche il TFA persiste nell’ambiente e non è biodegradabile. Ad oggi non esiste un quadro esaustivo circa gli effetti sulla salute, tuttavia uno studio del 2021 sul TFA ha rivelato gravi malformazioni nei feti di coniglio. Da allora, si sospetta che il TFA rappresenti un rischio per la salute riproduttiva umana.
Potremmo quindi essere all’inizio di una storia già vista. Anche alcuni decenni non avevamo informazioni esaustive sui PFAS oggi noti per essere cancerogeni, ma oggi sono numerosi gli studi scientifici che li collegano a gravi patologie: danni al fegato, problemi al sistema endocrino e alla tiroide, alterazioni del sistema immunitario, tumori ai reni e ai testicoli, infertilità e diabete. Le ultime evidenze parlano anche di rischi di insorgenza di patologie tumorali a causa dell’esposizione prenatale.
Il timore, dunque, è che con il TFA si stiano ripetendo gli errori del passato.

Serve una legge che vieti l’uso e la produzione di PFAS!
Grazie alla nostra spedizione “Acque senza veleni”, che ha rilevato la contaminazione da PFAS nelle acque potabili italiane, il governo ha iniziato a muovere i primi passi verso la regolamentazione di queste sostanze pericolose.
Nel marzo scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato un Decreto Legge urgente per abbassare i limiti dei PFAS nelle acque potabili e introdurre restrizioni per il TFA (acido trifluoroacetico). Tuttavia Il provvedimento deve ancora essere approvato dal Parlamento.
Si tratta di segnale importante, ma non ancora sufficiente. Abbassare i limiti dei PFAS nell’acqua potabile è importante ma non risolutivo: se vogliamo che l’acqua che beviamo e il cibo che mangiamo siano sicuri, servono scelte ancora più coraggiose. Serve una legge zero-PFAS che vieti del tutto la produzione e l’uso di queste sostanze pericolose. La salute delle persone non può più aspettare.
Chiedi con noi una legge zero-PFAS!