In occasione della Giornata mondiale di azione per il clima, la giovane scienziata e attivista di Fridays For Future Mauritius Shaama Sandooyea – attualmente impegnata in una spedizione di ricerca condotta a bordo dell’Arctic Sunrise di Greenpeace – ha portato per la prima volta la protesta per il clima sott’acqua, immergendosi nel cuore dell’Oceano Indiano con un cartello con il messaggio “Youth Strike for Climate”. 

Lo sciopero per il clima underwater ha avuto luogo a Saya de Malha Bank, sede di un ecosistema chiave per la regolazione del clima del nostro Pianeta – ovvero una delle più vaste praterie di piante acquatiche al mondo, responsabili dell’assorbimento di parte della CO2 in atmosfera – a 735 km dalla costa delle Seychelles.

«Non possiamo continuare a temporeggiare sulla crisi climatica», dichiara Sandooyea. «Ho manifestato in questa bellissima e remota area dell’Oceano Indiano per consegnare un semplice messaggio, abbiamo bisogno di un’azione per il clima e ne abbiamo bisogno ora. È ora che i governi di tutto il mondo prendano sul serio la crisi climatica e agiscano da subito per la riduzione delle emissioni e la protezione dei nostri oceani».

Oceani sani immagazzinano enormi quantità di anidride carbonica e calore e svolgono un ruolo chiave nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Per questo l’UNESCO sottolinea come la tutela di ecosistemi chiave quali le praterie sia fondamentale per le future generazioni. Ma l’aumento di gas serra e la conseguente crisi climatica stanno causando modifiche sempre più evidenti nei mari del Pianeta, in termini di innalzamento delle temperature, acidificazione e riduzione dell’ossigeno disciolto, con conseguenze sulla biodiversità marina e sui fenomeni meteorologici che avvengono in atmosfera. Con un circolo vizioso che accelera e alimenta l’emergenza climatica in corso.

Proprio con l’obiettivo di studiare gli impatti dei cambiamenti climatici anche sui nostri mari, nel novembre 2019 Greenpeace Italia ha avviato all’Isola d’Elba il progetto “Mare caldo”, in partnership con il DISTAV dell’Università di Genova e Elbatech. Nell’ambito di questa iniziativa è già nata una rete italiana di stazioni per il monitoraggio delle temperature marine che attualmente coinvolge in modo attivo cinque Aree Marine Protette: il Plemmirio in Sicilia, Capo Carbonara – Villasimius e Tavolara – e Punta Coda Cavallo in Sardegna, Portofino in Liguria e Miramare nel nord dell’Adriatico.

«È ora di investire seriamente per la tutela del mare», spiega Giorgia Monti, responsabile campagna mare di Greenpeace Italia. “Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, in questo momento in fase di stesura, deve necessariamente prevedere misure specifiche per la salvaguardia del mare, investimenti mirati per aumentare la resilienza degli ecosistemi più sensibili e per allargare la rete delle Aree Marine Protette, in linea con l’impegno assunto dall’Italia di proteggere il 30 per cento dei nostri mari entro il 2030. Alle parole devono seguire azioni concrete, tutelare i nostri mari vuol dire sostenere le economie che da essi dipendono e dare un contributo fondamentale alla lotta ai cambiamenti climatici», conclude.