Demonstration against the Far-Right Party in Paris, France. © Basile Barjon / Greenpeace
© Basile Barjon / Greenpeace

Greenpeace Italia sostiene convintamente la manifestazione che si terrà a Roma sabato 31 maggio contro l’adozione dell’ennesimo “decreto sicurezza”, prevista il prossimo 11 giugno, l’ultimo di una sequenza di interventi legislativi, sempre più lesivi della democrazia, inanellati negli anni da governi di ogni colore. 

L’organizzazione ambientalista e pacifista ritiene che occorra opporsi alle mire liberticide di simili provvedimenti, che mirano a potenziare la repressione, inasprendo le pene già esistenti e istituendo nuovi reati legati all’ordine pubblico. Per denunciare questa deriva, tantissime associazioni e organizzazioni della società civile, inclusa Greenpeace Italia, hanno firmato una lettera veicolata dall’European Civic Forum che chiede al Commissario europeo alla Giustizia, Michael McGrath, di intervenire con ogni strumento: dall’intervento diplomatico sulle Autorità Italiane, all’inserimento dell’Italia nel Rule of Law Report 2025, fino alla verifica di eventuali violazioni al Diritto comunitario con la conseguente apertura di una procedura d’infrazione, come già avvenuto per l’Ungheria.

In Italia e in altri Paesi, gli spazi democratici per le proteste non violente si stanno restringendo sempre più e alle norme liberticide si aggiungono anche strategie legali come le SLAPP (Strategic Lawsuit Against Public Participation, cause strategiche contro la pubblica partecipazione). Note nel nostro Paese come “liti temerarie”, hanno il solo obiettivo di strangolare economicamente chi protesta. Come avvenuto di recente anche negli Stati Uniti, dove una giuria di nove persone della Contea di Morton, in Nord Dakota, ha emesso un verdetto sulla causa temeraria e infondata mossa da Energy Transfer contro Greenpeace negli Stati Uniti (Greenpeace Inc e Greenpeace Fund) e Greenpeace International, condannando l’organizzazione a pagare oltre 660 milioni di dollari solo per aver espresso contrarietà alla realizzazione di  un oleodotto. 

In Italia, nel silenzio della gran parte dei media, la compagnia petrolifera ENI ricorre spesso alle SLAPP per zittire il dissenso o le critiche nei suoi confronti. Lo scorso ottobre è toccato a Greenpeace Italia, Greenpeace Paesi Bassi e ReCommon ricevere da parte di ENI un atto di citazione per presunta diffamazione. L’azienda ha citato in giudizio le due organizzazioni perché, a suo dire, avrebbero messo in piedi “una campagna d’odio” nei suoi confronti. Le due organizzazioni stigmatizzano l’attacco giudiziario di ENI come un tentativo per spostare l’attenzione dalla Giusta Causa – il primo contenzioso climatico mai lanciato in Italia contro una società di diritto privato – da loro intentata contro l’azienda nel maggio 2023 e ora pendente davanti alle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione.

A modo suo, il Decreto Legge 48/2025 interviene sia sul versante “repressivo” –  introducendo inquietanti reati come l’introduzione del reato di “resistenza passiva” – sia dal punto di vista degli inasprimenti di pena (anche pecuniari) contro chi protesta in modo nonviolento. Secondo Greenpeace Italia ci troviamo di fronte all’incapacità da parte della classe politica di affrontare problemi epocali come la crisi climatica, preferendo punire e zittire chi osa protestare per chiedere quel cambiamento di cui avremmo urgente bisogno.