Con il moltiplicarsi degli eventi climatici estremi in tutto il mondo e nel mezzo della discussione sulla prossima legge di bilancio varata dal governo Meloni, con una azione a Roma in Piazza di Spagna attiviste e attivisti di Greenpeace Italia hanno presentato il conto della crisi climatica al governo e alle aziende fossili. Gli attivisti hanno srotolato un enorme scontrino con un lungo elenco di eventi climatici estremi verificatisi negli ultimi 10 anni, dall’accordo di Parigi a oggi, e una stima dei costi che la collettività sta già pagando e pagherà. Il totale del conto presentato supera la cifra di 5.000 miliardi di euro, pari al danno economico associato a sei delle più grandi aziende dei combustibili fossili al mondo dalle ricerche di Greenpeace.

Secondo la nuova analisi pubblicata da Greenpeace Italia sul costo sociale del carbonio (SCC), infatti, le emissioni di anidride carbonica (CO₂) di sei grandi compagnie petrolifere e del gas (ExxonMobil, Chevron, Shell, BP, TotalEnergies ed ENI) nel periodo 2016-25 sarebbero in grado di causare circa 5.070 miliardi di euro di danni economici. La cifra stima i danni economici considerando gli impatti sulla salute e sulla sicurezza alimentare, i rischi legati all’innalzamento del livello del mare e degli eventi climatici estremi per tutto il periodo in cui la CO₂ resterà in atmosfera. Secondo l’analisi, eseguita da scienziati indipendenti, i danni associabili alle sole emissioni di ENI ammonterebbero a 460 miliardi di euro.

«È ora di cambiare le regole del gioco: i governi devono far pagare i grandi inquinatori e utilizzare i ricavi per supportare seriamente la transizione energetica e la sicurezza del territorio in cui viviamo», dichiara Simona Abbate di Greenpeace Italia. «I leader mondiali hanno un’opportunità storica durante i due appuntamenti internazionali di novembre – la COP30 e i negoziati della Convention Fiscale Globale delle Nazioni Unite – per colmare il divario finanziario per il clima tassando le aziende fossili. Al governo italiano chiediamo di farsi portavoce di questa istanza di giustizia introducendo nella legge finanziaria una tassa per tutte quelle società che fanno profitti a danno delle persone, a partire dalle aziende del petrolio e del gas e da quelle delle armi».

Nello scontrino sono riportati, a titolo di esempio, 200 eventi climatici estremi e i loro costi. Fra questi ci sono anche eventi italiani, come l’alluvione in Emilia-Romagna del 2023, insieme a eventi estremi che hanno colpito intere comunità in tutto il mondo. L’impatto del cambiamento climatico nel nostro Paese è confermato dal nuovo rapporto Lancet Countdown on Health and Climate Change 2025: nel 2024 gli italiani sono stati esposti in media a 46 giorni di ondate di calore che hanno causato una perdita di 364 milioni di ore di lavoro potenziali, un record di 15 ore per persona. E sono le storie delle persone colpite a essere al centro dell’appello internazionale “Polluters Pay Pact” che chiede ai governi di far pagare ai grandi inquinatori il costo della crisi climatica che causano, attraverso una tassazione sui loro profitti.

«8 italiani su 10 sono concordi nell’aumentare le tasse alle aziende del settore fossile per coprire i danni al clima, dato che sono ben noti i profitti record che queste stesse aziende continuano a generare. La tassa sui profitti delle compagnie inquinanti, che non deve ricadere sulle bollette già elevate dei consumatori, rappresenta non solo uno strumento finanziario essenziale, ma anche un forte segnale politico: l’era dei combustibili fossili deve finire e la transizione verso le fonti rinnovabili e un’economia decarbonizzata, che tuteli la vita delle persone, deve essere accelerata con ogni mezzo possibile, anche fiscale», conclude Abbate.

La richiesta di tassare le grandi aziende inquinanti sarà al centro della partecipazione di Greenpeace Italia al prossimo Climate Pride, la mobilitazione nazionale per il clima che si terrà per le strade di Roma il 15 novembre nei giorni della COP30 di Belém.


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