Meno carne e prodotti lattiero-caseari per un clima migliore, per la salvaguardia delle foreste e della biodiversità, per consumare e inquinare meno acqua, per il benessere degli animali, per avere a disposizione più cibo per le persone e – da ultimo, ma non meno importante – per una salute migliore.
Ecco perché Greenpeace lancia un nuovo rapporto e una campagna a livello globale con un obiettivo molto ambizioso, ma necessario e impellente: ridurre la produzione e il consumo e di carne e prodotti lattiero-caseari del 50 per cento, a livello globale, entro il 2050.

Gli allevamenti intensivi sono una grande fonte di emissioni di gas serra causate dall’uomo. Secondo i dati della FAO le emissioni sono pari a circa il 14 per cento del totale. Gestione dei liquami, produzione e uso di fertilizzanti e pesticidi nella produzione dei mangimi, il processo di digestione dei ruminanti e il cambiamento d’uso del suolo (per far spazio a pascoli e produzione di mangimi), generano grandi quantità di gas a effetto serra, come l’anidride carbonica, il metano e il protossido di azoto. Ridurre la produzione e il consumo di carne, e derivati del latte, diventa quindi fondamentale per rispettare gli impegni presi con l’Accordo di Parigi sul clima, ma non solo.
Una vasta area di terra coltivabile e produzione agricola è destinata alla mangimistica animale invece che a nutrire direttamente le persone: oltre il 50 per cento nell’Unione europea e circa un terzo a livello globale secondo i dati della FAO. Ciò comporta anche una minaccia per la sicurezza alimentare e un incremento del degrado dell’ambiente, deforestazione compresa, sia nell’UE che a livello globale.
I principali rischi per la salute legati all’agricoltura e all’allevamento intensivi sono legati a:
  • sviluppo della resistenza agli antibiotici: l’Italia è seconda solo alla Spagna in Unione europea per uso di antibiotici negli allevamenti
  • diffusione di malattie trasmissibili dagli animali alle persone come l’influenza aviaria e suina, o la Salmonella
  • inquinamento atmosferico causato dalle emissioni di ammoniaca: il 90 per cento delle quali proviene dal settore agricolo, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente.
Inoltre, le diete ad alto contenuto di carne rossa e carne lavorata, sono associate a un incremento di malattie cardiovascolari, cancro e diabete.
Il modello industriale di allevamento intensivo è anche una strada senza uscita per molte aziende agricole a conduzione familiare che ora sono sull’orlo della bancarotta. Intrappolate fra debiti e costi elevati per gli input esterni da un lato e bassi prezzi di mercato dall’altro. In Europa i settori della carne e della distribuzione sono molto concentrati, e le dimensioni degli allevamenti sono drasticamente cresciute nell’ultima decade, fino ad arrivare alla situazione attuale con tre quarti degli animali allevati in aziende molto grandi, mentre il numero degli animali allevati nelle aziende di piccole dimensioni si è più che dimezzato durante lo stesso periodo.Il numero pro capite di polli, maiali e bovini macellati, tra il 1961 e il 2009, si è più che triplicato raggiungendo nel 2009, oltre dieci animali macellati per ogni persona sulla Terra. Se il tasso resterà invariato, quest’anno 76 miliardi di animali verranno macellati per soddisfare il nostro consumo di carne e prodotti lattiero-caseari.Solamente in Italia nel 2016 sono stati macellati 2,8 milioni di bovini, 11,9 milioni di suini, 3 milioni fra ovini e caprini e 585 milioni di pollame.
Gli impatti legati agli allevamenti intensivi sono insostenibili. Per questo motivo la richiesta all’Unione europea e al prossimo governo italiano è di mettere fine ai sussidi che sostengono la produzione intensiva di carne e prodotti lattiero-caseari e di incrementare invece sussidi e adottare politiche che promuovano la produzione di alimenti da aziende agricole ecologiche e locali. Politiche che guidino anche il cambiamento delle abitudini alimentari e dei modelli di consumo finalizzati a ridurre il consumo di carne e prodotti lattiero-caseari.
Il cibo è uno strumento molto potente che tutte le persone possono usare per avviare la trasformazione – necessaria e urgente – dell’attuale modello agroalimentare e contribuire a costruire un futuro migliore per noi, i nostri figli e i nostri nipoti.
Le scelte alimentari che facciamo oggi determinano lo stato del Pianeta sul quale vivranno domani. Una dieta sana, per un Pianeta sano.

Ferma gli Allevamenti Intensivi

Quello che mangiamo oggi determina il mondo di domani: non mettiamo il Pianeta nel piatto!

Partecipa
Federica Ferrario

Autore

Federica Ferrario
Da sempre appassionata di etologia, ecologia e ambiente. Lombarda di nascita, ha collaborato con il Parco Lombardo della Valle del Ticino. Si è occupata di gestione dei rifiuti e bonifiche. Dal 2002 è la Responsabile Campagna Agricoltura e Progetti speciali di Greenpeace Italia e dal 2016 segue le problematiche legate agli accordi commerciali internazionali.