ENI biorefinery in Porto Marghera, Venice. Bioraffineria ENI a Porto Marghera, Venezia

Il quotidiano Domani esce oggi con un’inchiesta scottante sul G20: proprio nell’anno della presidenza italiana del vertice, un manager di Eni sarebbe stato scelto da Palazzo Chigi come “referente del tavolo ambiente e energia e dei lavori preparatori dei diversi delegati ministeriali per il G20 Ambiente, clima e energia che si terrà a luglio a Napoli”.

Se confermato, si tratterebbe di uno scenario inquietante sulle reali intenzioni del nostro Governo. Affidare a una big del gas fossile e del petrolio le trattative del tavolo ambiente ed energia del G20 è un po’ come consegnare le vittime ai carnefici.

Aziende come Eni, che hanno grossi interessi internazionali nell’ambito del mercato delle fossili e le cui attività hanno un impatto negativo sul clima del Pianeta, non devono essere coinvolte dai governi quando questi hanno un ruolo di presidenza di importanti vertici internazionali. E certamente, come pare accadere in questo caso, non dovrebbero avere questo ruolo nei tavoli tecnici. Ne va della credibilità dei lavori.

Eni è una delle aziende italiane con il più alto livello di emissioni di Co2 al mondo, nonché tra le realtà principalmente responsabili dell’emergenza climatica in corso: le sue emissioni globali sono maggiori di quelle dell’Italia. Nei suoi piani futuri non prevede affatto la svolta green che sbandiera con spot o interventi sui media, ma intende continuare a puntare sul gas fossile, una delle cause della crisi climatica in corso. Se quanto dice “Domani” fosse confermato, il governo di fatto diventerebbe complice di questo pericoloso atteggiamento, purtroppo già anticipato da altre scelte governative.

Assumendo la Presidenza del G20, il premier Conte aveva affermato di voler mettere persone e Pianeta tra i pilastri dell’immediato futuro, eppure alcuni progetti presenti nell’ultima bozza disponibile del Recovery plan italiano sembrano essere stati scritti sotto dettatura di Eni.

Pensiamo alla componente che destina miliardi di finanziamento pubblico a un progetto inutile e costoso come il polo di Cattura e Stoccaggio della CO2 (CCS) a Ravenna, funzionale solo a continuare a sfruttare gas fossile anziché ad avviare una vera decarbonizzazione. È davvero questa la svolta green su cui vuole puntare l’Italia?

Eppure non è impossibile perseguire l’obiettivo della decarbonizzazione, basterebbe puntare seriamente sulle energie rinnovabili. Come abbiamo spiegato nel nostro scenario “Italia 1.5”, una rivoluzione energetica che metta da parte i combustibili fossili porterebbe al Paese vantaggi ambientali, economici e occupazionali.