Recovery Plan, Piano di Ripresa e Resilienza, Piano di Ripartenza post Covid, PNRR: tanti nomi sono stati attribuiti ai 191 miliardi che arriveranno dall’Unione Europea all’Italia per mettere in campo un “piano Marshall del nuovo millennio”, un’iniezione di liquidità che dovrà far ripartire la nostra economia, crollata a causa della pandemia di Covid-19.

Economia e occupazione possono risalire con la transizione ecologica

La parole d’ordine è proprio ripartenza, per l’economia, ma anche per l’occupazione e per la “vita quotidiana”. Ma ripartenza verso dove? Questa è la domanda più importante, a cui il governo Draghi dovrà dare una risposta entro il 30 aprile, data ultima per consegnare all’Europa il piano di spesa degli oltre 200 miliardi. 

Al momento non c’è risposta a questa domanda, poiché non c’è un piano che rispecchi le intenzioni del Governo. Delle bozze sono circolate, ma il Governo – per bocca di vari esponenti, tra cui il Ministro della Transizione Ecologica Cingolani – ha detto che il piano verrà radicalmente cambiato. Il che un po’ stupisce, visto che uno dei vincoli imposti dall’Unione Europea è di scrivere il piano in maniera trasparente e partecipata.

Tralasciando tutto questo, ci sono altri due vincoli che dovremo rispettare nello spendere questi soldi: per almeno il 37% dovranno andare ad “investimenti green in settore strategici”, e ogni singolo euro speso non deve arrecare danni al clima, ossia non deve peggiorare la crisi climatica che ormai sempre più spesso viviamo anche in Italia.

Le nostre proposte concrete per una ripresa green nei fatti, non a parole

Visto che al momento non c’è un chiaro  indirizzo da parte del Governo, noi abbiamo formulato  delle proposte concrete – con degli obiettivi misurabili – che permetterebbero di far ripartire l’economia e l’occupazione, aiutando a combattere la crisi climatica ed evitando di rimanere incagliati in investimenti vecchi e non redditizi, come quelli nei combustibili fossili.

Ecco i nostri 4 punti per avviare davvero la rivoluzione energetica e rilanciare il nostro Paese:

  • Sbloccare il settore delle rinnovabili, attraverso obiettivi ambiziosi (almeno 70% di rinnovabili elettriche nel mix produttivo al 2030) e la creazione di una filiera nazionale che includa il settore degli accumuli, decisivo per una vera rivoluzione energetica. Solo creando le adeguate infrastrutture di rete e investendo negli accumuli il settore potrà svilupparsi alla velocità necessaria, ossia 6 volte quella attuale.
  • Semplificare l’iter autorizzativo per gli impianti rinnovabili, fornendo tempi certi di chiusura delle pratiche. Ad oggi per ottenere le autorizzazioni per un impianto eolico possono volerci addirittura fino a 8 anni, un orizzonte temporale che scoraggia qualsiasi investitore. Occorrono valutazioni serie e rigorose, ma realizzate in tempi brevi e certi. D’altronde, come è possibile che un impianto a gas – che ha un impatto negativo sul clima e sulla qualità dell’aria – abbia tempi autorizzativi più brevi di pale eoliche o pannelli fotovoltaici?
  • Promuovere soluzioni innovative come le comunità energetiche, che permettono l’installazione di impianti rinnovabili appartenenti ad un insieme di cittadini e istituzioni, con vantaggi economici che ricadono proprio sulla comunità e anche sulle amministrazioni pubbliche coinvolte nel progetto. Le comunità energetiche sono anche uno strumento ottimo per combattere la povertà energetica e supportare quelle persone – sempre più numerose proprio a causa della crisi economica – che non sono in grado di pagare la propria bolletta energetica. I primi esempi in Italia già si vedono, ma adesso occorre accelerare.
  • Non finanziare false soluzioni, in particolare progetti legati al gas. Questo combustibile fossile, asset principale di aziende come Eni, è sempre più spesso “venduto” come combustibile pulito, ma è in realtà un pericoloso gas serraPer questo nel PNRR non ci può essere spazio per il gas in nessuna forma, che sia CCS (cattura e stoccaggio della CO2), idrogeno grigio (proveniente da gas) o blu (gas + CCS). Puntare oggi su questa fonte fossile significa commettere un errore che pagheremo nei prossimi anni, con nuove crisi occupazionali di cui faranno le spese i lavoratori del settore. Oggi dobbiamo puntare su rinnovabili, accumuli ed efficienza energetica, e avremo tutto il tempo per ricollocare i lavoratori del settore oil&gas verso quello delle rinnovabili, che è a maggiore intensità lavorativa e sarà la spina dorsale dell’economia europea dei prossimi decenni.

Le decisioni che il governo prenderà in questi giorni, ce le ritroveremo senza mezzi termini per i prossimi anni e decenni. Una responsabilità enorme, ma anche un’opportunità senza precedenti per segnare una vera svolta ambientale. 

Vedremo se il governo investirà davvero sulle energie rinnovabili e sul futuro, o se vorrà tenere l’Italia legata al gas fossile e al passato. 

Noi abbiamo le idee chiare, e continueremo a farci sentire.