A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, è ormai evidente che l’escalation militare non sta portando alla pace, anzi. Come denunciato dal Bulletin of the Atomic Scientists, il mondo oggi è più vicino che mai a una catastrofe.
Le armi devono tacere e lasciare il posto alla diplomazia. Greenpeace chiede il cessate il fuoco immediato, negoziati di pace e la messa al bando di tutte le armi nucleari. Per questo aderiamo alla mobilitazione lanciata da Europe for Peace in occasione del primo anniversario dell’invasione. Scendiamo in piazza in solidarietà con il popolo ucraino e con le vittime di tutte le guerre, anche quelle lontane e dimenticate.
L’invasione russa ha scatenato una corsa alle armi in tutta l’Unione europea, che porterà la spesa militare complessiva dei Paesi membri ad aumentare di 200 miliardi di euro in pochi anni. Eppure, l’Occidente spende già tantissimo per armarsi: secondo i dati Sipri, la Nato da sola è responsabile di più della metà della spesa militare mondiale, 17 volte il budget bellico della Russia. Un dato che non ha impedito a Putin di invadere l’Ucraina.
Tra i 18 Paesi europei che si sono impegnati ad aumentare le spese militari c’è anche l’Italia, che vuole portare il suo budget per la Difesa al 2% del Pil entro il 2028. Greenpeace chiede che il governo fermi questa corsa alle armi, tagliando del 2% all’anno la spesa militare, come auspicato già prima della guerra da 50 Premi Nobel: se tutti i Paesi aderissero a questo appello, in cinque anni si creerebbe un tesoretto di oltre 9 miliardi per affrontare le principali emergenze mondiali, come la crisi climatica e la povertà.
Un sondaggio che abbiamo commissionato a SWG ha rivelato che il 55% degli italiani è contrario all’aumento delle spese militari, mentre solo il 23% è a favore. Per la maggioranza degli intervistati la priorità è fermare il caro bollette e potenziare le energie rinnovabili. I risultati danno indicazioni inequivocabili anche su come finanziare questo cambio di rotta, ovvero facendo pagare chi guadagna da questo periodo di crisi: non solo le aziende fossili, ma anche quelle della difesa. Più di due italiani su tre, infatti, sono d’accordo con la nostra proposta di tassare gli extra profitti dell’industria militare.
Il nostro Paese deve smettere di investire nelle infrastrutture fossili e nelle armi, per mettere finalmente in sicurezza il territorio, investire nella transizione ecologica e promuovere la Pace. Unisciti al nostro appello!