Le nostre 8 proposte concrete al governo Meloni

Fiumi in secca, laghi ai minimi storici, scarsissima quantità di neve. La crisi climatica ci sta mettendo di fronte a un nuovo anno di drammatica siccità, mentre è ancora inverno. “Senza una primavera fresca e piovosa dobbiamo prepararci ad affrontare una siccità pari, se non peggiore, rispetto allo scorso anno”, racconta Ramona Magno, coordinatrice scientifica dell’Osservatorio Siccità del CNR-IBE.Turnazioni irrigue molto più rigorose potrebbero diventare la norma; si potrebbe arrivare anche a razionamenti di acqua per uso idropotabile in diversi Comuni”. Un quadro che purtroppo in alcune zone si è già concretizzato: in Piemonte questo inverno alcuni comuni sono stati riforniti di acqua tramite autobotti

Guardando i dati forniti dagli enti preposti al monitoraggio del fenomeno, spicca la sofferenza del Nord Italia, in particolare la severità idrica che ha colpito la Pianura Padana e di conseguenza le coltivazioni che quest’area ospita, soprattutto quelle che richiedono più acqua come riso e mais. Perché questa siccità potrebbe ovviamente avere conseguenze anche in agricoltura e su quanto potremo in futuro portare sulle nostre tavole.

I prodotti più colpiti? La produzione di riso è a rischio perché le risaie stanno affrontando la crisi peggiore degli ultimi dieci anni. I numeri sono impressionanti: stando ai dati del CNR, già a marzo il 38% delle risaie e delle colture irrigue italiane è affetto da siccità severo-estrema, ovvero soffre per un deficit di pioggia che dura da ben due anni. Ma non solo riso e mais sono a rischio. “Se non vi sarà un’inversione di tendenza saranno fortemente colpite anche tutte le orticole estive, come insalata o pomodori, che, rispetto alle colture tipicamente invernali, richiedono un uso maggiore di acqua”, precisa Magno del CNR. “Probabilmente si dovrà ripensare il modo di coltivare ottimizzando l’uso di acqua e concimi, nonché cambiare alcune tipologie colturali che non saranno più così adatte al ‘nuovo clima’”. 

Alcuni cambiamenti nei nostri campi stanno già avvenendo: mango e banane coltivati in Sicilia, mentre nel Nord Italia diverse risaie stanno lasciando posto ai seminativi invernali. Si cambia per non rischiare di perdere il raccolto di nuovo.

Se da un lato è vero che dal Duemila ogni tre-quattro anni abbiamo assistito a fenomeni siccitosi intensi e prolungati, non è possibile negare come la siccità di questi ultimi due anni sia “molto particolare rispetto a quelle del passato”, conferma Magno del CNR. Quel che sta cambiando è la frequenza e l’intensità di questi fenomeni, ma anche la sovrapposizione di fenomeni estremi come deficit di pioggia e ondate di calore. Un trend ascendente la cui velocità è inasprita e legata a doppio filo con i cambiamenti climatici

Fonte Osservatorio siccità – CNR IBE 

Guardando la mappa, la mancanza di acqua è preoccupante soprattutto in alcune zone del Nord Ovest, dove oltre alle scarse piogge ha giocato il fattore caldo, con temperature sopra la media 9 mesi su 12 nel 2022, e la scarsità di neve, con un deficit nevoso del 63% rispetto alla media degli ultimi 10 anni. Tutto il distretto del Po è già da mesi in stato di severità idrica media, proprio dove si trova buona parte della superficie irrigata in agricoltura: secondo ISTAT, infatti, le quattro regioni padane totalizzano il 58% del superficie irrigata nazionale, con un 20% nella sola Lombardia

Scenario realizzato da CNR IBE e anticipato a Greenpeace Italia: come sarà la situazione in Italia, ovvero quali territori saranno colpiti da siccità, se fino a fine marzo dovesse continuare a non piovere. Fonte Osservatorio siccità – CNR IBE 

Come soddisfare la domanda di acqua per i campi a fronte di precipitazioni così scarse? Parte dell’acqua usata in agricoltura viene dalle acque superficiali: laghi e fiumi, anch’essi colpiti dalla siccità. L’estate è lontana, ma il fiume Po sta già rivelando i suoi fondali, mentre le acque dei laghi, tra cui il Lago Maggiore e il Lago di Como, si stanno ritirando. Dati alla mano, tutti i grandi laghi che alimentano il Po sono vicini ai minimi storici degli ultimi ottant’anni e anche i principali bacini artificiali del bacino Padano mostrano un livello di riempimento pari a un quinto del volume totale che potrebbero raccogliere.

Per sconfiggere la siccità sono quindi necessarie soluzioni sistemiche e non emergenziali, che affrontino insieme le cause dei cambiamenti climatici e i nostri consumi idrici. 

Poiché lo sfruttamento delle fonti fossili è il principale responsabile del cambiamento climatico, è necessario adottare da subito politiche ambiziose per liberarci dalla dipendenza da petrolio, gas e carbone e ridurre le emissioni dei gas serra.

L’ agricoltura intensiva è vittima e carnefice

Il settore agricolo è il maggiore utilizzatore di acqua dolce: assorbe circa il 50% dell’acqua impiegata in Italia ogni anno. I sistemi intensivi inoltre impoveriscono i terreni agricoli, compromettendo anche la loro resilienza e la capacità di trattenere l’umidità. Per poter pianificare il risparmio idrico in modo efficace è dunque necessario ripensare l’uso dell’acqua in agricoltura, anche modificando la superficie dedicata ad alcune tipologie di colture.

Il mais, ad esempio, seconda coltivazione italiana per volumi di acqua utilizzati, è quasi interamente assorbito dalla filiera mangimistica, e più del 45% dell’impronta idrica dei prodotti agricoli è imputabile a carne, latte e derivati. È innegabile che gli attuali livelli di produzione e consumo di alimenti di origine animale mettono le riserve idriche ulteriormente sotto pressione. In una fase in cui le risorse naturali sono sempre più scarse ed è a rischio la stessa disponibilità di cibo, è necessario agire in un’ottica di maggiore “efficienza alimentare” adeguata alle attuali condizioni climatiche. Anche attraverso la riduzione di coltivazioni più idroesigenti, in particolare se non destinate al consumo diretto umano, e di produzioni che comportano un maggior consumo idrico, come quelle di origine animale.

Le soluzioni (incomplete) del governo

Le dichiarazioni, istituzionali e non, sul tema della siccità, ruotano quasi tutte intorno alla stessa ipotetica soluzione: costruire nuovi invasi e bacini artificiali, nonostante le possibili minori precipitazioni future e l’aumento dell’evapotraspirazione a causa del riscaldamento globale, che  dovrebbero spingere invece alla cautela su questo tipo di infrastrutture. 

Un piano per la costruzione di nuovi invasi non può prescindere dall’analisi dei trend di riempimento di quelli già esistenti, e da proiezioni future che permettano di pianificarne correttamente il numero, la tipologia e la localizzazione. Andranno inoltre valutate con attenzione le implicazioni ambientali e come questi nuovi invasi possano addirittura avere un impatto negativo sulla resilienza idrica dei territori. Canalizzazioni forzate e cementificazione hanno infatti ridotto le aree naturali in grado di “assorbire” l’acqua in eccesso durante gli eventi climatici estremi, impoverendo i corsi d’acqua e le falde, che rimangono sempre gli “invasi” migliori per immagazzinare le risorse idriche, più efficienti di qualsiasi infrastruttura.

Le nostre 8 proposte per mitigare la siccità

Per cercare di contrastare questo fenomeno sempre più evidente, proponiamo di: 

  • Velocizzare il processo di decarbonizzazione dell’Italia, riducendo e poi azzerando le emissioni climalteranti, attraverso un aggiornamento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) con obiettivi realmente in linea con l’Accordo di Parigi sul clima e la posizione dell’Unione Europea.
  • Smettere di investire sulle fonti fossili e le relative infrastrutture, abbandonando al più presto lo sfruttamento di petrolio, gas e carbone e puntando su energia rinnovabile ed efficienza energetica.
  • Ridurre a monte i consumi idrici in agricoltura, rendendo prioritario l’uso di terreni e acqua per la produzione di alimenti destinati al consumo umano diretto anziché alla filiera mangimistica o alla produzione di biocarburanti.
  • Ridurre a monte la domanda mangimistica, riducendo gradualmente il numero degli animali allevati e adottando misure per incoraggiare l’adozione di diete a base principalmente vegetale.
  • Adottare misure per incoraggiare l’utilizzo di tecniche agroecologiche che migliorano la salute dei suoli, inclusa la capacità di trattenere l’umidità.
  • Ridurre drasticamente il consumo di suolo e la cementificazione, incrementando le superfici di boschi e aree naturali.
  • Pianificare l’eventuale costruzione di nuovi invasi e laghetti in base ai dati di riempimento storici degli invasi esistenti e agli scenari meteo-climatici futuri, senza procedere a “semplificazioni” che rischiano di far nascere opere dannose oltre che inefficaci.
  • Adottare un grande piano di ristrutturazione della rete idrica e di messa in sicurezza idrogeologica, aumentando le risorse dedicate nel PNRR anche con il contributo degli enti gestori del servizio idrico integrato.