Nel 2023 abbiamo superato ogni record di fusione dei nostri ghiacciai a causa delle ondate di calore estreme. I risultati del nostro rapporto con il Comitato Glaciologico Italiano.
Nel 2023 il susseguirsi di ondate di calore estreme, come quella che stiamo vivendo in queste settimane, ha fatto superare ogni record di fusione dei ghiacciai accelerando la loro ritirata.
Anche sulle Alpi lo stravolgimento delle temperature ha i suoi impatti, infatti, stiamo assistendo al ritardo delle prime nevicate stagionali. Insieme al Comitato Glaciologico Italiano (CGI) siamo stati sui due più estesi ghiacciai alpini italiani per documentare la situazione e per lanciare un allarme sullo stato di salute di queste importanti sentinelle della crisi climatica.
La spedizione ha dato vita al rapporto “Giganti in ritirata: gli effetti della crisi climatica sui ghiacciai italiani”, che pubblichiamo oggi: frutto di due tappe congiunte effettuate tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2023 sul Ghiacciaio dei Forni e sul Ghiacciaio del Miage. Il lavoro evidenzia nuovi dati e confronti fotografici che mostrano come siano cambiati i due ghiacciai dalla fine dell’Ottocento a oggi.
Le due tappe della spedizione
La prima tappa si è svolta dal 21 al 24 agosto al Ghiacciaio dei Forni, in Alta Valtellina, nel Parco Nazionale dello Stelvio, durante l’eccezionale ondata di calore che ha sconvolto le alte quote di tutta Italia.
Le trasformazioni sono evidenti a occhio nudo: da metà Ottocento il ghiacciaio dei Forni ha perso circa 10 chilometri quadrati, ovvero metà della sua superficie, mentre la fronte del ghiacciaio è arretrata di 400 metri in meno di dieci anni.
Le misure effettuate quest’anno sul Ghiacciaio dei Forni hanno permesso di evidenziare una fusione del 15% superiore a quella registrata in media negli anni precedenti, con una perdita di 9 centimetri di spessore al giorno durante l’ondata di calore della seconda metà di agosto, quando lo zero termico è rimasto per più giorni sopra i 5.000 metri.
La seconda tappa, invece si è svolta dal 31 agosto al 2 settembre sul Ghiacciaio del Miage, che si trova nel versante italiano del massiccio del Monte Bianco, in Valle d’Aosta. Il Miage è il più grande “ghiacciaio nero” (ovvero ricoperto da detriti) delle Alpi, e uno dei tre ghiacciai italiani con una superficie superiore a 10 km quadrati.
Anche il Ghiacciaio del Miage è in forte sofferenza per le temperature sempre più estreme: dal 2008 al 2022 ha perso 100 miliardi di litri di acqua, corrispondenti a 40 mila piscine olimpioniche. Nel periodo 2018-2023 solo l’area del lago ha perso 1,1 miliardi di litri di acqua, con oltre un terzo delle perdite complessive registrato nell’ultimo anno.
La fusione dei ghiacciai è un trend in accelerazione
«Nel corso dell’ultimo secolo, i ghiacciai delle Alpi hanno subito una perdita di oltre il 50% della loro estensione, e di questa metà scomparsa circa il 70% è andato perduto negli ultimi trent’anni», ci spiega Valter Maggi, presidente del CGI e professore presso il Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università Bicocca di Milano. «Una tendenza che sembra aver subito un’accelerazione negli ultimi quindici anni: le ultime campagne glaciologiche hanno infatti confermato gli impatti delle attività umane sul sistema climatico del pianeta, con una notevole contrazione dei ghiacciai nel nostro Paese e con un massimo di ritiro delle fronti glaciali raggiunto nel 2022, chiamato non per niente l’annus horribilis dei ghiacciai».
«Venivamo dall’estate terrificante del 2022 e speravamo che il 2023 avrebbe comportato una situazione migliore per i nostri ghiacciai, ma purtroppo la situazione sta solo peggiorando», avverte il glaciologo Claudio Smiraglia, già presidente del CGI e membro del network indipendente contro il greenwashing Voci per il clima.
Agire contro la crisi climatica è possibile
I ghiacciai italiani che fondono sempre più rapidamente sono l’ennesima testimonianza che la crisi climatica si sta aggravando, e la riduzione delle loro riserve idriche favorirà nuovi periodi di siccità prolungata che avranno un impatto su tutti noi. La scienza ci dice che l’uso intensivo di petrolio, gas e carbone sta alimentando la crisi climatica. Continuare a estrarre e bruciare combustibili fossili condannerà non solo i ghiacciai, ma tutto il pianeta e le nostre vite a degli stravolgimenti mai visti.
È ora che politica, aziende e media ascoltino l’allarme della comunità scientifica invece di incoraggiare il negazionismo, abbandonando le fonti fossili e promuovendo quelle rinnovabili. La montagna ci sta parlando: a noi non resta che ascoltarla e agire.
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