Questa mattina decine di attiviste e attivisti di Greenpeace sono entrati in azione a Roma, presso il quartier generale di ENI, per denunciare le conseguenze in termini di perdite di vite umane derivanti dalla produzione di combustibili fossili da parte di ENI.
Mentre alcuni attivisti hanno aperto due banner giganti sui lati del palazzo di ENI con la scritta “Today’s emissions = tomorrow’s deaths”, sono state proiettate sulla sede generale della compagnia dell’oil&gas diversi messaggi, tra cui “Giustizia climatica ora” e “I combustibili fossili uccidono”. In contemporanea, altre attivisti e attivisti hanno portato nei pressi dello stesso palazzo un’installazione di 8 metri di lunghezza con il messaggio “ENI’s legacy = climate deaths”.
Le industrie fossili hanno enormi responsabilità per i danni causati al Pianeta e alle persone dalle loro attività, ed è arrivato il momento che paghino per i loro crimini climatici.
I combustibili fossili uccidono: le nostre stime
Il report di Greenpeace Paesi Bassi diffuso oggi stima che le emissioni di gas climalteranti del solo 2022 delle nove grandi aziende europee del settore dell’oil&gas (Shell, TotalEnergies, BP, Equinor, ENI, Repsol, OMV, Orlen, e Wintershall Dea) potrebbero causare 360 mila decessi entro il 2100. Le morti stimate imputabili a ENI sarebbero pari a 27 mila.
La cifra complessiva delle morti stimate è stata ottenuta attraverso un modello statistico, accettato dalla comunità scientifica, che calcola i decessi che potrebbero verificarsi entro la fine di questo secolo a causa delle emissioni del 2022 delle principali aziende dell’oil&gas europee. Il calcolo è stato possibile confrontando uno scenario privo delle emissioni delle nove aziende con uno che le computa. Un numero di persone superiore al totale degli abitanti di una città come Firenze potrebbe dunque scomparire con un solo anno di attività delle nove compagnie dell’oil&gas europee.
La stima è da considerarsi conservativa poiché prende in considerazione solo le morti in eccesso correlate alle variazioni di temperatura, ovvero quelle causate direttamente da calore estremo e freddo intenso. Le morti causate da altri impatti futuri derivanti dalla crisi climatica, come gli eventi meteorologici estremi, le malattie infettive, l’inquinamento atmosferico o altri pericoli contemporanei derivanti dalla produzione e dall’uso di combustibili fossili, non sono incluse in questa analisi.
Ci chiediamo con preoccupazione quando ENI comincerà a mettere la vita delle persone e la salvaguardia del Pianeta al di sopra del proprio profitto. Continuare a emettere gas serra, come ha intenzione di fare, metterà ancora più a repentaglio la vita di tutti noi.
Vogliamo giustizia!
Secondo Oil Change International, ENI prevede di aumentare l’estrazione di petrolio e gas del 3-4% all’anno fino al 2026. Nel 2022, la compagnia italiana ha investito circa 15 volte di più nei combustibili fossili che nelle energie rinnovabili, pur registrando profitti record e dichiarando di essere leader nel contrasto alla crisi climatica.
Per costringere il ENI a rivedere la sua strategia industriale e a ridurre entro il 2030 le sue emissioni del 45%, rispetto ai livelli del 2020 – come raccomandato dalla comunità scientifica internazionale per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi – lo scorso 9 maggio con ReCommon e dodici cittadine e cittadini italiani abbiamo presentato una causa civile nei confronti di ENI.
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