Lo scorso 26 luglio la multinazionale ex Solvay oggi Syensqo ha ripreso la produzione del PFAS cC6O4 nel suo stabilimento di Spinetta Marengo. L’azienda ha ottenuto il via libera dalla Provincia di Alessandria, dopo un fermo di oltre 30 giorni imposto alla produzione dello stabilimento chimico a causa dei livelli eccessivi di inquinamento da PFAS rilevati nelle acque e nel suolo circostanti. A fine giugno, la Provincia aveva emesso due diffide indirizzate alla Solvay intimando all’azienda di rispettare i limiti per gli scarichi di queste sostanze chimiche pericolose per la salute e per l’ambiente.
«La ripresa della produzione di PFAS all’intero stabilimento ex Solvay ora Syensqo è una pessima notizia per l’ambiente e le comunità locali, già da anni sacrificate all’inquinamento prodotto dal polo chimico alessandrino», ha commentato al magazine The Map Report Giuseppe Ungherese, Responsabile della nostra campagna inquinamento. «La decisione della provincia avviene senza fornire adeguate informazioni alla collettività. Ad esempio, quali interventi risolutivi comprovati e certificati sono stati messi in atto dall’azienda? Quali sono le garanzie fornite agli enti preposti? Non vorremmo ritrovarci tra poche settimane con i soliti e annosi problemi legati a una barriera idraulica incapace di contenere l’inquinamento».
Il via libera per inquinare
Come riporta The Map Report, la società aveva attribuito l’inquinamento a una temporanea perdita del sistema di contenimento dei reflui di produzione, che avrebbe dovuto essere rapidamente risolto in conformità con un’autorizzazione del 2021. Il comune ha fatto sapere che «la riattivazione è stata autorizzata sulla base dei dati presentati da Solvay e dalle analisi dell’Arpa». Non ha detto, però, quali verifiche e azioni siano state fatte per fermare la dispersione nell’ambiente di sostanze chimiche pericolose per la salute delle persone. L’ex assessore per l’Ambiente, Claudio Lombardi, ha denunciato la mancanza di «interventi risolutivi comprovati e certificati» che giustifichino la decisione della Provincia, contestata anche dalle comunità locali. Inoltre, continua Lombardi, «la barriera idraulica non mostra un impianto idoneo a contenere le fuoriuscite interne allo stabilimento».
L’Italia è teatro di un grave inquinamento da PFAS
Negli ultimi tempi, la Solvay è stata coinvolta in gravi episodi di inquinamento da PFAS, come il rilascio di schiume nel fiume Bormida. Le indagini di ARPA Piemonte hanno rivelato alti livelli di contaminazione nelle acque e nei terreni circostanti lo stabilimento.
Alcuni reportage giornalistici hanno identificato il sito di Alessandria come il più inquinato da PFAS in Europa; inoltre, già nel 2007 la Solvay era stata individuata come la principale fonte di PFAS nel bacino del Fiume Po.
Ma c’è di più: le nostre ultime ricerche hanno evidenziato tracce di cC6O4 – molecola prodotta esclusivamente nello stabilimento alessandrino – nelle acque potabili di Torino, della Val di Susa e in alcuni comuni della Provincia di Sondrio.
Per mettere fine a questo inquinamento diffuso bisogna intervenire alla radice, con una legge nazionale che metta al bando la produzione e l’uso dei PFAS, sostanze inquinanti e pericolose per la nostra salute.
Aiutaci a chiedere una legge #ZeroPFAS in tutta Italia!