© Maria Feck / Greenpeace

I conflitti in corso, dall’Ucraina al Medio Oriente, e la conseguente corsa al riarmo dei Paesi occidentali stanno gonfiando i profitti delle aziende belliche nostrane. Lo dimostra la nostra ultima indagine, intitolata “Profitti di guerra“, che ha messo in luce l’aumento significativo dal 2021 al 2023 degli utili e delle risorse finanziarie delle principali aziende italiane che esportano armamenti dal nostro Paese, a partire dal gruppo Leonardo.

Utili raddoppiati nel 2023 rispetto al 2021

Secondo lo studio, che ha analizzato i bilanci del 2023 confrontandoli con quelli del 2021, gli utili netti delle prime dieci aziende italiane esportatrici di armi sono cresciuti del 45%, pari a un incremento di 326 milioni di euro. Ancora più sorprendente è il balzo del flusso di cassa disponibile, aumentato del 175%, equivalente a 428 milioni di euro. Oltre agli utili, anche i ricavi complessivi delle aziende del settore sono cresciuti in maniera evidente: nel 2023 si è registrato un aumento di 2,1 miliardi di euro, un incremento del 13% rispetto al 2021.

I profitti di queste aziende hanno beneficiato sia della crescita dell’export di armamenti dall’Italia, sia della forte crescita della spesa nazionale italiana per le armi

Leonardo è in testa alla classifica

Un ruolo centrale in questa crescita è svolto dal gruppo Leonardo, il colosso italiano dell’industria della difesa. Ex Finmeccanica, Leonardo ha visto i suoi ordinativi aumentare del 22% tra la fine del 2021 e il primo semestre del 2024, raggiungendo la cifra record di 43,35 miliardi di euro. L’azienda, il cui maggior azionista è il Ministero dell’Economia con il 30% delle azioni, è uno dei principali beneficiari della corsa al riarmo che i Paesi occidentali hanno avviato in risposta all’invasione russa dell’Ucraina, e alla crescita della domanda globale di armamenti.

Mentre i profitti crescono, sempre più civili muoiono

Di fronte all’aggravarsi dei conflitti in corso, l’unica risposta del nostro governo è stata prendere la strada dell’economia di guerra, che sta portando profitti record nelle casse di Leonardo e delle altre aziende militari, che si trovano a beneficiare delle stragi di civili. Più armi non garantiscono più sicurezza, ma rischiano invece di alimentare ulteriori violenze e conflitti. Per promuovere la pace, il nostro governo dovrebbe investire in iniziative di prevenzione e risoluzione dei conflitti, controllo degli armamenti e disarmo.

Tassare gli extraprofitti per investire sulle persone, non sulle armi

Per migliorare la vita delle persone, piuttosto che per distruggerla, chiediamo al nostro governo una tassazione al 100% degli extraprofitti generati dalle vendite di armi. Solo nel 2023, tassando gli utili netti delle prime dieci aziende, lo Stato italiano potrebbe incassare 326 milioni di euro aggiuntivi. Se si applicasse la stessa tassa all’incremento della liquidità disponibile, si arriverebbe a raccogliere invece 428 milioni di euro. In pratica, si parla di un possibile gettito aggiuntivo che sfiora il milione di euro al giorno: fondi che potrebbero essere destinati a sostenere le vere priorità del Paese, come il potenziamento del sistema sanitario, la transizione ecologica e la giustizia sociale, piuttosto che contribuire alla distruzione e alla violenza.

Il nostro appello non è solo un monito verso i governi e le istituzioni per fermare l’escalation bellica, ma anche un invito a riflettere sull’uso dei profitti generati dal settore militare. Una tassazione equa su queste entrate straordinarie potrebbe rappresentare un’opportunità per finanziare interventi cruciali a beneficio della collettività, contrastando al contempo le conseguenze disastrose della guerra.

Chiedi anche tu di fermare la corsa al riarmo e tassare i profitti di guerra.