È arrivata una sentenza storica: il Tribunale di Vicenza ha stabilito che la morte di Pasqualino Zenere, operaio della Miteni, è stata causata dall’esposizione ai PFAS. Un verdetto senza precedenti in Italia, che apre la strada a possibili nuovi riconoscimenti giudiziari per le vittime di queste sostanze chimiche pericolose.

Attivisti di Greenpeace protestano davanti all'azienda chimica Miteni per chiedere alle autorità locali di bonificare il sito dalle sostanze inquinanti prodotte dalla fabbrica

Il caso Zenere

Pasqualino Zenere ha lavorato come operaio chimico nello stabilimento della Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza, dal 1979 al 1992, quando l’azienda si chiamava ancora Rimar. Nel 2014 è deceduto per un tumore alla pelvi renale. La famiglia ha intentato causa all’INAIL e il giudice ha riconosciuto che la malattia che lo ha ucciso è direttamente collegata alla prolungata esposizione a PFOA e PFOS, due sostanze appartenenti alla vasta categoria dei PFAS.

Queste sostanze sono da tempo sotto osservazione: il PFOA è stato classificato come cancerogeno per l’uomo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), mentre il PFOS è ritenuto probabile cancerogeno. Entrambi sono noti per la loro persistenza nell’ambiente e per gli effetti tossici sulla salute umana.

Un precedente che segna un punto di svolta

Questa sentenza è il primo riconoscimento legale in Italia di un decesso causato dai PFAS. Un precedente giudiziario che potrebbe influenzare anche altri procedimenti in corso. 

Il tempismo, infatti, è significativo: proprio in queste settimane, sempre a Vicenza, sta per concludersi il processo contro 15 ex dirigenti della Miteni, accusati di disastro ambientale per la contaminazione della falda acquifera nelle province di Vicenza, Padova e Verona, che ha coinvolto almeno 350mila persone.

Mamme NO PFAS, cittadini, attivisti della Climate Defense Units e di Greenpeace protestano a Venezia contro il grave inquinamento da PFAS che interessa un’ampia area del Veneto

PFAS, un pericolo ormai noto

I PFAS (sostanze poli e perfluoroalchiliche) sono un gruppo di oltre 10mila molecole usate per rendere i materiali resistenti all’acqua e ai grassi. Sono presenti in pentole antiaderenti, abiti impermeabili, schiume antincendio, imballaggi alimentari, tappeti, materiali da costruzione e persino cosmetici.

Numerosi studi scientifici li collegano a gravi patologie: danni al fegato, problemi al sistema endocrino e alla tiroide, alterazioni del sistema immunitario, tumori ai reni e ai testicoli, infertilità e diabete. Le ultime evidenze parlano anche di rischi di insorgenza di patologie tumorali a causa dell’esposizione prenatale.

Il problema è aggravato dal fatto che i PFAS sono estremamente persistenti: una volta rilasciati nell’ambiente, restano per decenni nel suolo e nelle acque, e possono accumularsi anche negli organismi viventi, inclusi gli esseri umani.

Qualcosa si muove (anche grazie alle nostre indagini)

Nel marzo scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato un Decreto Legge urgente per abbassare i limiti dei PFAS nelle acque potabili e introdurre restrizioni per il TFA (acido trifluoroacetico), la sostanza della famiglia PFAS più diffusa al mondo e non ancora regolamentata.

Il provvedimento, che deve ancora essere approvato dal Parlamento, è arrivato dopo la pubblicazione della nostra indagine “Acque senza veleni, che ha rivelato la diffusa contaminazione da PFAS nelle acque italiane, in tutte le regioni. Un segnale importante che mostra che qualcosa si sta finalmente muovendo, anche grazie al nostro lavoro di denuncia. 

Lo staff di Greenpeace in partenza per la spedizione "Acque senza Veleni", nata con l'obiettivo di mappare la contaminazione da PFAS nell'acqua potabile italiana

Verso un futuro senza PFAS: ora serve ancora più impegno dalla politica!

La sentenza di Vicenza rappresenta una svolta storica per la giustizia ambientale in Italia: per la prima volta, un tribunale ha riconosciuto che l’esposizione ai PFAS può essere letale. È una vittoria per la famiglia di Pasqualino Zenere, ma anche un campanello d’allarme per le istituzioni e per l’industria. Non basta abbassare i limiti nelle acque potabili: serve un divieto totale alla produzione e all’uso di PFAS, a tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Solo così si potrà impedire che milioni di persone siano esposte a sostanze tossiche la cui pericolosità è ormai accertata.

Chiedi con noi una legge zero-PFAS!