Salvare vite – in mare come altrove – non può essere considerato un crimine. Le ONG che si occupano di attività di Ricerca e Salvataggio non dovrebbero essere criminalizzate, ma coinvolte nei meccanismi di cooperazione internazionale per rispondere alla crisi umanitaria nel Mediterraneo.

Un concetto ribadito questa mattina durante una conferenza stampa tenutasi a Palermo a bordo della Rainbow Warrior di Greenpeace, nel capoluogo siciliano nell’ambito del tour europeo “Uniti per il clima”, e a cui hanno preso parte Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo, Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia, e Luca Casarini, capo missione di Mediterranea.

“Greenpeace è un’associazione nata sul mare. E la prima regola del mare è che non si lascia nessuno in mare”, ha dichiarato Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia. “Per questo ha deciso di mettere a disposizione la sua nave Rainbow Warrior, per sostenere con forza che salvare le vite in mare è un dovere, non un crimine. Le attuali politiche, nazionali e comunitarie, che cercano di sigillare le nostre frontiere, mettono in pericolo la vita di decine di migliaia di persone. Che queste stesse persone siano criminalizzate, e che altrettanto accada a chi molto ha fatto e continua a fare per salvare i migranti, come successo in queste ore alla Sea Watch, è il sintomo di una barbarie, a cui non ci si deve arrendere. Una barbarie e una violenza verbale condita da attacchi sessisti a Carola Rackete, cui va tutta la nostra solidarietà”.

Greenpeace ricorda che le persone costrette a migrare spesso fuggono da condizioni disumane – conflitti, crisi ambientali e spesso entrambe – che derivano da scelte che oggi ci mettono tutti in pericolo: sono la spia, tragica, di un collasso sistemico di cui pure noi cominciamo a sentire gli effetti. Negare i cambiamenti climatici, difendere gli interessi di chi continua a saccheggiare il Pianeta, in terra e per mare, è una pratica che non può prevedere il dissenso. Le ONG che sono attive nella ricerca e soccorso di naufraghi sono, anch’esse, solo una spia. Il segnale che chiunque non intenda piegarsi alle logiche di questi comportamenti auto-distruttivi dà sostanzialmente fastidio.

“Come Mediterranea ci siamo interrogati spesso su quello che sta accadendo. Anche in questi ultimi giorni, che segnano una escalation violenta nel tentativo da parte del governo italiano di fermare la pratica del soccorso in mare, e con essa affermare il principio orribile che la “sovranità”, anche quella delle democrazie occidentali ed europee in particolare, possa coincidere con il potere di lasciare morire degli esseri umani innocenti», ha commentato Luca Casarini, capo missione di Mediterranea. Continuiamo a dire di sì, che comunque ne vale la pena nonostante la guerra assurda scatenata contro di noi. Perché anche una sola vita, sottratta alla morte, vale di più di ogni cosa. È in base a questo assunto elementare, che abbiamo sempre detto: salviamo per salvarci. E sul piano del diritto, che affermiamo “prima si salva, poi si discute”. È la battaglia di civiltà del nostro tempo, che si gioca in un luogo paradigmatico, il mare. Un mare che vorrebbero come grande fossa comune, come frontiera inespugnabile e capace di selezionare chi può vivere e chi deve per forza morire. Ma è un mare dove è possibile navigare, dove è giusto difendere i diritti di tutti per poter difendere i nostri. È per questo che annuncio che tra pochissimo, questione di ore, o di un giorno, Mediterranea tornerà in mare. Ci sembra il modo più concreto possibile di stare vicino alla Capitana Carola Rackete, che paga sulla sua pelle la difesa dei diritti umani, contro il disumano al potere», ha concluso Casarini.

Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha ribadito la propria solidarietà alla Sea Watch e ha confermato la cittadinanza onoraria all’equipaggio della nave, affermando che “questa esperienza è vittima di una sorta di monomania del Ministro dell’Interno, il quale non si occupa della sicurezza, ma si occupa soltanto dei migranti che sono soccorsi dalle ONG, ieri dalla Mare Jonio e oggi dalla Sea Watch”.

“La comandante della nave si difenderà, come è giusto che sia in uno stato di diritto”, ha proseguito Orlando. “Non si avvale dell’immunità parlamentare di cui si è avvalso vergognosamente il ministro Salvini e dimostrerà che si è trovata nell’esercizio delle sue funzioni di comandante di una nave, perché la legge del mare non fa distinzioni tra il salvataggio del crocierista, il salvataggio del diportista ed il salvataggio del migrante: impone al comandante di salvare vite umane e di condurle nel porto che ritiene sicuro. La comandante ha atteso giorni e giorni, mentre chi stava a bordo viveva sofferenze e, alla fine, facendo fino in fondo il proprio dovere in base al diritto internazionale del mare, ha cercato di mettere in salvo questi migranti. La verità è che lo stato di emergenza e necessità è stato creato ad arte dal Ministro dell’interno, che per questo intendo denunciare come unico e vero responsabile e di quello che è accaduto”.