L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha spinto molti, in queste settimane, a chiedersi cosa potrebbe cambiare, d’ora in poi, nel nostro modo di vivere. Difficile rispondere a un quesito così complesso, ma possiamo provare a restringere un po’ il campo a un elemento essenziale delle nostre vite: come ci spostiamo tutti giorni nelle città in cui viviamo.

Mentre sogniamo città pulite con parchi e spazi comuni, le nostre città sono invece piene di automobili. Su tutto il Pianeta, strade e parcheggi ad esse dedicati occupano in media il 50 per cento della superficie urbana. Ma le auto occupano anche il nostro tempo. A Roma, ad esempio, si trascorrono in media 166 ore all’anno bloccati nel traffico

E gli impatti sono anche sulla salute delle persone e del Pianeta. Durante il lockdown la qualità dell’aria è migliorata, ma in Italia ogni anno ci sono più di 14 mila morti premature riconducibili al biossido di azoto, un gas prodotto in larga parte dai veicoli in circolazione, il dato più alto in Europa. Così come siamo al secondo posto a livello europeo per il tasso di motorizzazione, con 64,4 veicoli ogni 100 abitanti: un dato altissimo. E se questo non bastasse, a livello globale il settore dei trasporti è tra quelli che incidono sempre di più sull’emergenza climatica. Ma non deve essere così.

Come si stanno muovendo le città

In questi giorni si stanno moltiplicando le iniziative di amministrazioni comunali e governi per favorire la mobilità sostenibile, sia in Italia che all’estero. 

A Roma saranno potenziati i servizi di mobilità condivisa (come biciclette e monopattini) e sono stati approvati di recente 150 km di bike lane “transitorie” in diverse zone della città, sottraendo una parte della carreggiata al traffico dei veicoli a motore. Le intenzioni del Comune sembrerebbero essere quelle di trasformare in seguito queste infrastrutture in permanenti, e ciò sarebbe di fondamentale importanza. Per il momento però solo una minima parte dei lavori ha una copertura finanziaria, quindi si tratterà innanzitutto di fare in modo che alle parole seguano i fatti. Più avanzato il piano di Milano: tra le altre cose, 35 km di strade saranno riconvertiti durante l’estate in spazi per la mobilità ciclistica e pedonale, si investirà in parcheggi di interscambio in periferia e in alcune aree il limite di velocità sarà abbassato a 30 km/h.

Misure come quelle di Roma e Milano (e tante altre città in Italia), però, purtroppo da sole non basteranno.

Cosa va ancora fatto

Una delle questioni che richiederebbe maggiore attenzione è quella del trasporto pubblico, che rischia di uscire da questa crisi fortemente indebolito. In questo caso, gli interventi da fare sono molteplici: innanzitutto mettere in sicurezza a livello sanitario i mezzi di trasporto, ma anche aumentare la frequenza delle corse, dare spazio ad autobus e tram sulle strade con corsie preferenziali e incentivarne l’utilizzo da parte dei cittadini con campagne informative e agevolazioni per i passeggeri. E un altro modo di ridurre le auto inquinanti in circolazione è investire sulla mobilità condivisa (ed elettrica).

Quello che va fatto è in generale seguire, accelerare e potenziare le misure che le città hanno individuato nei loro Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile (PUMS), che devono quindi (se ben scritti e ambiziosi) tracciare la direzione degli interventi. In questo modo si eviterà di ragionare solo per superare l’emergenza, ma si metteranno in pratica cambiamenti strutturali di cui tutti potranno beneficiare ora e in futuro. Ad esempio non devono essere messe in discussione le ZTL e le zone a basse emissioni. Più auto in circolazione significano meno sicurezza per chi si muove in bici, più ingorghi cittadini per gli autobus e meno aria pulita per tutti. A Roma ad esempio è ancora aperta la questione di come arrivare al bando annunciato dei motori diesel dal centro della città entro il 2024. Tornare indietro su questo sarebbe una grande sconfitta per tutti i cittadini della Capitale, che continuerebbero a respirare aria inquinata.

Non tutto è però in mano ai sindaci. A livello nazionale sembrano esserci iniziative positive per incentivare la mobilità attiva e la micromobilità, ma anche preoccupanti segnali di apertura alle richieste delle lobby dell’industria automobilistica. Per questo, insieme ad altre organizzazioni ambientaliste, abbiamo scritto al governo italiano per chiedere che le misure per la ripresa del settore trasporti siano in linea con il Green Deal europeo e l’Accordo di Parigi sul clima.

Questo cambiamento ha però bisogno anche di tutte e tutti noi che, il più possibile, cerchiamo di muoverci a piedi, in bici o con i mezzi pubblici. Ma ha anche bisogno della nostra voce per fare pressione sulle istituzioni, affinché mettano in atto una vera e propria rivoluzione nella mobilità. Insomma, è arrivato il momento di costruire insieme le città del futuro!