Greenpeace activists display a huge banner reading “Stop drilling – yesterday, today, tomorrow”. Greenpeace asks to stop any oil drilling in the sea. Siamo tornati in mare per ricordare la data del 17 aprile 2016, quando circa 16milioni di italiani votarono per il referendum sulle “trivelle” (i “si” rappresentarono quasi l’86% dei voti validi).

La cancellazione dal DL Milleproroghe della norma che avrebbe stabilito lo stop alla ricerca e alla coltivazione di idrocarburi su tutto il territorio nazionale è una cattiva notizia per il nostro Paese. La mancanza di provvedimenti che proseguano l’opera già avviata con la moratoria sancita nel febbraio 2019, in scadenza tra meno di due mesi, potrebbe infatti portare in Italia a nuove ricerche di gas e petrolio in terra e mare. Una scelta certamente dannosa per il nostro futuro.

Siamo in emergenza climatica ed è bene che tutte le fonti fossili restino dove sono: sottoterra. Quello di cui abbiamo invece bisogno è una rapida e giusta transizione energetica basata sulle rinnovabili, che porterebbe benefici al clima, all’ambiente e all’economia, con la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro. Il governo sia coerente e rispetti gli impegni – presi sia con l’Ue che con le italiane e gli italiani – per una transizione energetica che contrasti la crisi climatica in corso e dia impulso alle fonti pulite e all’efficienza energetica. Incentivando, al contempo, pratiche e stili di vita davvero sostenibili, dalle attività agricole alla mobilità, per ridurre rapidamente gli impatti dei vari settori produttivi

A differenza di quanto dichiarato da chi sostiene che continuare a sfruttare gli idrocarburi presenti in Italia possa giovare a una sorta di “indipendenza” energetica, è infatti assodato che le riserve nazionali non possono minimamente condurci a questo traguardo. È piuttosto il momento di puntare su una vera rivoluzione energetica che, come dimostra il nostro report “Italia 1.5”, potrebbe rendere il nostro Paese e emissioni zero sin dal 2040, con guadagni economici e ambientali per la collettività. 

Oltre a decidere seriamente per uno stop alle trivelle, il governo non deve sostenere con fondi pubblici il progetto di Carbon Capture and Storage dell’ENI a Ravenna. Per Greenpeace, progetti simili sono solo una scusa per continuare a bruciare combustibili fossili e devono essere esclusi da ogni finanziamento pubblico.

Insieme ad altre associazioni chiediamo inoltre al MISE di implementare il piano di smantellamento delle vecchie piattaforme improduttive che stanno letteralmente marcendo in mezzo al mare. È di pochi giorni fa, ad esempio, la notizia di una vecchia piattaforma, realizzata decenni fa da una collaborazione ENI/INA in acque croate, divelta dal vento e portata via dalle onde.

Da oltre un mese chiediamo un incontro al Ministro Patuanelli per discutere del futuro delle attività di estrazione. Davanti al rigetto della norma che avrebbe bloccato la ricerca e la coltivazione di idrocarburi su tutto il territorio nazionale è ancora più urgente un confronto per capire in che direzione si vuol condurre l’Italia.

Basta investire su petrolio, gas e carbone!

Alluvioni, incendi, siccità: mentre la vita sul Pianeta è sconvolta da eventi estremi causati dai cambiamenti climatici, i principali istituti finanziari, di credito e assicurativi continuano a investire nel settore dei combustibili fossili e a finanziare chi inquina, gettando benzina sul fuoco della crisi climatica. Se vogliamo limitare le conseguenze dei cambiamenti climatici e salvare 1 milione di specie a rischio dobbiamo ascoltare la scienza e tagliare subito i finanziamenti all’espansione di gas, petrolio e carbone. Chiedi alle banche e alle compagnie di fare la loro parte nella lotta all’emergenza climatica: basta finanziamenti che distruggono il Pianeta!

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