C’è una pericolosa alleanza tra missioni militari e industria fossile, come mostra il rapporto che diffondiamo oggi sulle operazioni italiane, Ue e Nato a difesa di fonti fossili.
Abbiamo scoperto che circa il 64 per cento della spesa italiana per le missioni militari all’estero è destinato a operazioni collegate alla difesa di fonti fossili, per un totale di quasi 800 milioni di euro spesi nel solo 2021 e ben 2,4 miliardi di euro negli ultimi quattro anni.
In particolare, due missioni militari – l’operazione Gabinia nel Golfo di Guinea e l’operazione Mare Sicuro al largo della costa libica – hanno come primo compito la «sorveglianza e protezione delle piattaforme di ENI ubicate nelle acque internazionali».
Nel Mediterraneo e in Iraq per la “sicurezza energetica”
Audito in Parlamento, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha collegato molte missioni militari alla tutela di fonti fossili, tra cui quelle in Iraq (il cui crollo «metterebbe a repentaglio la nostra sicurezza energetica», secondo le parole usate dal ministro) e quelle nel Mediterraneo orientale (dove è necessaria «una nostra presenza più regolare» dato che «la possibilità di sfruttamento delle risorse energetiche è fortemente condizionata dal contenzioso marittimo in corso»).
Anche le operazioni militari in zone strategiche per le nostre importazioni di petrolio e gas, come il Golfo di Aden e lo Stretto di Hormuz, hanno la finalità di proteggere la «sicurezza energetica» del nostro Paese. Nei prossimi mesi, l’Italia dovrebbe aderire anche alla missione UE nella provincia di Cabo Delgado (Mozambico), dove secondo il ministro gli scontri stanno causando «interruzioni dell’attività estrattiva».
Le missioni fossili Ue e NATO
Nel nostro rapporto abbiamo analizzato anche le missioni militari di NATO, Unione Europea, Spagna e Germania: abbiamo scoperto che circa due terzi delle operazioni militari dell’UE servono a tutelare attività di ricerca, estrazione e importazione di gas e petrolio. Negli ultimi quattro anni, Italia, Spagna e Germania hanno speso insieme più di 4 miliardi di euro per la protezione militare degli interessi petroliferi e gasiferi.
Si tratta di un vero paradosso, considerando che oggi la più grave minaccia per l’umanità è rappresentata dal riscaldamento del pianeta: il Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici ha stimato per l’Italia «un aumento della probabilità del rischio meteorologico estremo di circa il 9%» negli ultimi 20 anni (1999-2018).
Bisogna fermare queste operazioni
Invece di sprecare risorse per difendere gli interessi dell’industria del gas e del petrolio, dovremmo proteggere le persone dagli impatti della crisi climatica alimentata proprio dallo sfruttamento delle fonti fossili.
In occasione della COP26 di Glasgow, il governo italiano ha firmato la “Dichiarazione sul sostegno pubblico internazionale per la transizione all’energia pulita”, che impegna il nostro Paese a «porre fine a nuovi sostegni pubblici diretti al settore energetico internazionale delle fonti fossili non abbattute entro la fine del 2022».
Al governo Draghi chiediamo:
- di interrompere immediatamente la protezione militare delle fonti fossili, il cui impatto devastante sulla crisi climatica è da tempo assodato scientificamente.
- di rispettare gli impegni presi alla COP26 e interrompere immediatamente il finanziamento di missioni militari a difesa di chi distrugge il clima
- di tutelare la sicurezza energetica di cittadine e cittadini investendo in fonti rinnovabili, non con missioni militari all’estero.
La Difesa deve mettere al centro la sicurezza delle persone e del pianeta, gravemente minacciata dai cambiamenti climatici.
Aiutaci a fare pressione sul Governo: FIRMA ANCHE TU LA PETIZIONE!
Leggi il rapporto completo QUI.