Banche, compagnie assicurative e fondi di investimento italiani hanno grosse responsabilità per l’emergenza climatica in corso.

È quanto dimostra uno studio, che abbiamo realizzato insieme a Re:Common, finalizzato ad analizzare gli impatti negativi sul clima del settore della finanza italiana. Nel report “Finanza fossile”, infatti mostriamo come, nel 2019, la finanza italiana abbia causato 90 milioni di tonnellate di CO2, più delle emissioni dell’intera Austria in un anno. Le due maggiori banche italiane, Intesa Sanpaolo e UniCredit, sono responsabili di oltre 75 milioni di tonnellate di CO2, e si pongono ai primi posti della classifica che abbiamo stilato, relativa all’impronta climatica di ogni singola realtà presa in esame.  

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«Mentre si nascondono dietro a operazioni di facciata, istituti come Intesa Sanpaolo e UniCredit continuano a finanziare i più grandi inquinatori del Pianeta, come Eni, Shell e Gazprom», spiega Alessandro Runci, campaigner di Re:Common. «Intesa Sanpaolo, che oggi ha tenuto la sua Assemblea dei soci a porte chiuse e senza possibilità di partecipazione da remoto, è inoltre una delle pochissime banche in Europa a non avere ancora adottato alcuna policy sui combustibili fossili».

Come emerge dai dati dello studio, Intesa Sanpaolo e UniCredit sono insieme responsabili dell’equivalente di quattro volte il volume di emissioni di tutte le centrali a carbone d’Italia. UniCredit è oggi la banca italiana con il più alto livello di emissioni (37 milioni di tonnellate di CO2), mentre Intesa è al secondo posto con 35 milioni di tonnellate. Se la scalata del gruppo torinese ad Ubi Banca dovesse andare a buon fine, Intesa balzerebbe in testa alla graduatoria.

La crisi sanitaria che stiamo vivendo ci insegna a dare ascolto alla scienza, un concetto che si deve estendere al contrasto alla crisi climatica in corso. Ed è proprio la comunità scientifica a dirci da tempo, con chiarezza, che dobbiamo smettere di bruciare gas, petrolio e carbone per limitare le peggiori conseguenze dei cambiamenti climatici. Anche banche e assicurazioni dovrebbero dare il proprio necessario apporto alla lotta all’emergenza climatica, eppure fino a oggi hanno solo contribuito ad aggravare la situazione, nascondendosi dietro operazioni di puro greenwashing.

In questo momento di crisi economica è inoltre fondamentale che gli aiuti pubblici alle imprese inquinanti siano condizionati a dei piani di decarbonizzazione in linea con gli accordi di Parigi. Un criterio che dovrebbe essere adottato da tutto il settore finanziario, banche incluse. Per questa ragione chiediamo a istituti bancari, compagnie assicurative e fondi di investimento di smettere immediatamente di finanziare il comparto del carbone e l’espansione di tutti i combustibili fossili.