Greenpeace lancia oggi un’importante Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) per chiedere di vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni dell’industria dei combustibili fossili. L’ICE è un meccanismo ufficiale previsto dall’Unione Europea secondo cui, se vengono raccolte un milione di firme nell’arco di un anno, la Commissione Europea ha l’obbligo di discutere e di pronunciarsi in merito alla proposta di legge dei cittadini.

Vietare le campagne pubblicitarie e le sponsorizzazioni di colossi energetici come Eni e Shell, dell’industria dell’automotive e delle compagnie aeree – tra i principali responsabili della crisi climatica e ambientale – impedirebbe a queste aziende inquinanti di sviare l’attenzione dei cittadini dalle loro responsabilità esibendo un falso lato green, mentre in realtà continuano a promuovere modelli di business dannosi per il clima e per la sicurezza delle persone. 

«Già da molti anni l’Unione Europea ha vietato le pubblicità e le sponsorizzazioni dell’industria del tabacco, riconoscendo che costituiscono una minaccia per la salute. Ora è tempo di una legge simile contro le industrie dei combustibili fossili, che con le loro attività rilasciano enormi quantità di gas serra e contribuiscono all’inquinamento atmosferico, con gravi ripercussioni per la nostra salute e per quella del pianeta», dichiara Federico Spadini, campagna clima di Greenpeace Italia.«Vietare le pubblicità e le sponsorship dei responsabili della crisi climatica è un passo importante per ridurre il loro enorme potere di influenza sul mercato e sul mondo dell’informazione sempre più inquinato dal greenwashing».

A sostegno della petizione, Greenpeace Paesi Bassi pubblica oggi “Tante parole e pochi fatti”, un rapporto a cura del gruppo di ricerca DeSmog che analizza gli annunci pubblicitari online delle sei principali aziende europee dei combustibili fossili, tra cui l’Italiana Eni. I risultati dello studio parlano chiaro: due terzi delle pubblicità analizzate promuovono false soluzioni per il clima – come ad esempio lo stoccaggio della CO2 nel sottosuolo – o enfatizzano eccessivamente i progetti “verdi” di aziende che continuano a fare la gran parte dei loro affari con le fonti fossili. Nelle pubblicità, l’uso di gas, petrolio e carbone viene messo volontariamente in secondo piano: appena l’8 per cento degli annunci analizzati di Eni, ad esempio, promuove i combustibili fossili, sebbene questi costituiscano circa l’80 per cento del suo portfolio.

Per richiamare l’attenzione dei governi europei sull’urgenza di mettere al bando la pubblicità e le sponsorizzazioni dell’industria dei combustibili, questa mattina più di ottanta attivisti e attiviste di Greenpeace hanno bloccato l’ingresso alla raffineria di Shell nel porto di Rotterdam, nei Paesi Bassi.

La petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti” è sostenuta da più di venti organizzazioni europee, tra cui, oltre a Greenpeace, le italiane FOCSIV e ReCommon. La raccolta firme è stata lanciata a un mese dall’inizio dei negoziati internazionali sul clima della COP26 di Glasgow. Il summit sarà una delle ultime occasioni per i leader mondiali di dimostrare la serietà dei loro impegni attraverso obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas serra e dell’impiego di gas, petrolio e carbone, principali responsabili della crisi climatica.

La petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti” si può firmare qui.

Il rapporto “Tante parole e pochi fatti” è consultabile qui.