
Le persone che vivono nel cuore della foresta amazzonica stanno respirando aria contaminata da livelli di particolato tossico superiori a quelli registrati in grandi città come San Paolo, Pechino o Londra. A rivelarlo sono i nuovi dati pubblicati oggi da Greenpeace International, nel nuovo studio dal titolo “Toxic Skies: How Agribusiness is Choking the Amazon“, che indicano come la principale causa di questo inquinamento siano gli incendi appiccati intenzionalmente per liberare terreni forestali e destinarli al pascolo di bestiame.
Lo studio, sottoposto a revisione scientifica, analizza le concentrazioni di polveri sottili (PM2.5), un inquinante associato a gravi malattie respiratorie e cardiovascolari, oltre che a morti premature, in diverse località della regione amazzonica brasiliana. Nelle stagioni degli incendi del 2024 e 2025, a Porto Velho (Rondônia) e Lábrea (Amazonas) sono stati registrati valori giornalieri di PM2.5 fino a 20 volte superiori ai limiti raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la salute pubblica. Anche se nel 2025 gli incendi sono stati meno numerosi rispetto all’anno precedente, Greenpeace International ha comunque rilevato in diverse aree livelli di PM2.5 sei volte superiori alle linee guida dell’OMS. Questi dati collocano l’Amazzonia tra le regioni più inquinate del pianeta, nonostante la sua fitta copertura forestale.
«L’Amazzonia svolge un ruolo fondamentale per la vita sul pianeta, ma oggi sta soffocando nel fumo degli incendi innescati dall’industria della carne. Questi roghi non sono eventi naturali, ma vengono appiccati per fare spazio a pascoli o piantagioni per la mangimistica, mettendo a rischio la salute e la vita delle persone, dalle città alle comunità indigene», dichiara Martina Borghi, campagna Foreste di Greenpeace Italia. «Bambini nei letti d’ospedale, anziani che faticano a respirare e foreste in fumo per alimentare il commercio globale di carne: questo è il vero costo dell’agricoltura industriale. Alla COP30, i lobbisti diranno che la loro industria è parte della soluzione. I governi, però, devono andare oltre il greenwashing, esigendo che l’industria ne risponda direttamente».
Il rapporto evidenzia come la quasi totalità degli incendi nell’Amazzonia brasiliana sia concentrata in aree soggette a sfruttamento agricolo. I dati satellitari raccolti tra il 2019 e il 2024 mostrano che oltre 30 milioni di ettari, un’estensione pari alle dimensioni dell’Italia, sono stati bruciati in un raggio di 360 km intorno agli stabilimenti di JBS, la più grande azienda produttrice di carne al mondo. Questo evidenzia l’elevato rischio di esposizione all’uso intenzionale del fuoco da parte dei fornitori, sia nelle catene di approvvigionamento dirette che in quelle indirette, a cui sono soggette aziende del settore carne come JBS, che non dispongono di politiche esplicite volte a vietare tale pratica[1].
Lo studio mette in luce anche le gravi conseguenze sanitarie dell’inquinamento da incendi: negli ospedali di Porto Velho, durante la stagione degli incendi, si è registrato un forte aumento dei ricoveri per problemi respiratori, in particolare tra bambini e anziani. Le analisi citate nel rapporto stimano che il fumo causato dagli incendi agricoli abbia contribuito, nell’ultimo decennio, a decine di migliaia di ricoveri e morti premature nella regione amazzonica del Brasile.
Raggiungere gli standard di qualità dell’aria dell’OMS potrebbe aumentare l’aspettativa di vita fino a 2,9 anni negli stati più colpiti, come Rondônia e Amazonas. Pertanto, Greenpeace chiede ai governi che si riuniranno alla COP30 di Belém di adottare un Piano d’Azione per le Foreste, per attuare l’obiettivo ONU di fermare e invertire la deforestazione e il degrado forestale entro il 2030. L’organizzazione sollecita inoltre governi e istituzioni finanziarie a interrompere i rapporti con i produttori di carne e mangimistica responsabili della distruzione delle foreste, investendo invece in sistemi alimentari equi e sostenibili, con finanziamenti direttamente accessibili ai Popoli Indigeni e alle comunità locali.


