Un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA, “Revealing the cost of industrial pollution”, novembre 2011) valuta i costi esterni delle emissioni degli impianti industriali, pesando il valore economico sia delle emissioni di CO2 che degli effetti degli inquinanti sulla salute umana (mortalità prematura inclusa). Greenpeace ha affidato alla Fondazione SOMO l’applicazione della metodologia usata dall’EEA al parco termoelettrico ENEL, con l’obiettivo di evidenziare i risultati in termini di mortalità prematura.
Gli inquinanti che giocano un ruolo nella quantificazione dei “morti prematuri” sono in realtà solo due, il PM2.5 e l’ozono, per i quali le correlazioni statistiche tra esposizione e mortalità in eccesso sono più solide.
Per il primo – la frazione di particolato fino a 2,5 micron – si considerano sia gli effetti acuti che quelli cronici, per l’ozono solo gli effetti acuti. Il particolato viene sia emesso al camino – in quantità abbastanza basse dai nuovi impianti più avanzati – ma si forma anche come inquinante “secondario” come prodotto di reazioni chimiche in atmosfera che trasformano parte degli ossidi di zolfo (SOx) e di azoto (NOx). Anche l’ozono è un inquinante “secondario”, cioè prodotto dalle reazioni chimiche che coinvolgono gas come gli NOx e i composti organici volatili.
La questione è che questi inquinanti – precursori dei due “killer” – vengono emessi in quantità superiori dalle centrali a carbone rispetto a quelle a gas, a parità di livello tecnologico e di energia prodotta. Rimangono fuori dal computo della metodologia, dunque del tutto trascurati, gli effetti diretti delle emissioni di ossidi d’azoto e di zolfo, dei composti organici, dei metalli pesanti e degli elementi radioattivi emessi al camino delle centrali a carbone.