La catena di produzione che porta il tonno nelle nostre scatolette è spesso tutt’altro che “pulita”: un sistema che non di rado è macchiato dall’utilizzo di metodi di pesca che stanno svuotando i nostri mari e dalla violazione dei diritti di chi, soprattutto a bordo dei pescherecci, lavora in questa filiera.

 Sulla base di testimonianze dirette raccolte lo scorso settembre nell’Isola di Ambon, in Indonesia, Greenpeace pubblica oggi Quella sporca filiera, un report che denuncia nuove gravi violazioni dei diritti dei lavoratori su pescherecci tailandesi.

Anche Thai Union Group, il più grande produttore al mondo di tonno in scatola, nonché fornitore di alcuni tra i marchi più importanti sul mercato internazionale (come Mareblu in Italia), è stato tristemente collegato al lato più oscuro di questa industria: violazioni dei diritti umani, metodi di pesca distruttivi e uccisione di specie marine in pericolo. Si tratta di problemi che ovviamente vanno ben oltre l’operato di una singola compagnia, ma Thai Union – essendo uno dei principali attori della pesca mondiale – ha la responsabilità (e la possibilità) di incidere in modo efficace sul settore, eliminando dalle proprie filiere pratiche di pesca inaccettabili e tristemente diffuse.

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