Nei film ambientati nel futuro siamo abituati a vedere persone che si muovono in auto super-tecnologiche, sospese in aria, con guida autonoma e velocità impensabili. La rivoluzione della mobilità non ci porterà a viaggiare sospesi in aria, ma sicuramente il nostro modo di muoverci deve cambiare drasticamente nei prossimi anni per vincere la sfida climatica che abbiamo di fronte.

Nel nuovo scenario energetico “Italia 1.5” commissionato da Greenpeace mostriamo la strada da percorrere per decarbonizzare il settore energetico italiano entro il 2040, per rispettare gli Accordi di Parigi e limitare l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 gradi centigradi. Il settore dei trasporti conta da solo per circa un quarto delle emissioni italiane di gas serra, ed è ovviamente uno dei protagonisti della rivoluzione energetica che auspichiamo.

Come fare per andare verso una mobilità sostenibile?

Dobbiamo innanzitutto elettrificare i trasporti e abbandonare i combustibili fossili al 2040, se vogliamo rispettare gli impegni climatici presi dall’Italia. I motori elettrici dovranno essere più efficienti, così come le batterie, e dove l’energia elettrica non basterà a soddisfare i consumi, dovremo fare affidamento su quote più piccole di biocombustibili sostenibili e combustibili sintetici ricavati da energia rinnovabile. Ma il grosso del risparmio in termini di emissioni arriverà da interventi per aumentare l’efficienza energetica del settore, ad esempio producendo auto più piccole e leggere, convertendo quote significative di trasporto su strada e aereo in trasporto su rotaia, e investendo su forme di mobilità pubblica, condivisa e attiva (bici e piedi) a zero emissioni.

Le soluzioni tecniche da sole non basteranno se non abbiamo il coraggio e la determinazione di ripensare la mobilità come sistema.

L’Italia ha tra i tassi più alti di immatricolazione di veicoli a livello europeo, con 64,4 veicoli ogni 100 abitanti. Che senso ha, dal momento che questi veicoli rimangono per la maggior parte del tempo fermi e sono spesso usati da una sola persona alla volta? E ancora, perché a livello mondiale il 50% della superficie delle città è occupata da strade e parcheggi? E perché passiamo così tanto tempo imbottigliati nel traffico, con Roma al terzo posto di questa sfortunata classifica con in media 166 ore all’anno perse in coda?

Tutti questi numeri ci fanno capire che ripensare la mobilità ci porterà anche ad avere una migliore qualità della vita. Ma stiamo davvero andando in questa direzione? Alcuni segnali sono incoraggianti, ad esempio l’impegno dei sindaci a costruire bike lane, o il bonus mobilità per l’acquisto di biciclette anche elettriche. Purtroppo però sono molti di più i provvedimenti e i soldi pubblici impegnati a favore di chi inquina: ad esempio nel governo si discute della possibilità di offrire incentivi per comprare auto a diesel e benzina, mentre perfino in Germania, vera patria dell’automotive europeo, questi veicoli inquinanti sono stati esclusi dagli incentivi quando si rottama un vecchio mezzo. E tutto ciò considerando che la vendita di queste auto va interrotta entro il 2028 per contribuire davvero alla lotta contro la crisi climatica.

Ci troviamo oggi di fronte a una possibile svolta, causata o accelerata dalla pandemia di Covid-19, in cui abbiamo davvero la possibilità di cambiare il modo in cui ci muoviamo. E mentre siamo ancora impegnati a uscire dalla crisi sanitaria una volta per tutte, non dimentichiamoci che i trasporti hanno un grande impatto sulla nostra salute, oltre che su quella del clima. In Italia ad esempio il biossido di azoto, prodotto soprattutto dalle auto, in particolare diesel, contribuisce a più di 14.000 morti premature all’anno. 

Ripensare il sistema dei trasporti significa quindi andare verso una vita migliore, dove la salute del Pianeta si muove di pari passo con quella di tutti noi che lo abitiamo. 

Cyclists on street in Münster, on specially marked cycle paths. Fahrradfahrer unterwegs auf speziell angelegten und gekennzeichneten Fahrradwegen.