Qualche giorno fa è stato il quinto anniversario del “dieselgate”, lo scandalo internazionale che ha portato alla luce come alcune delle più grandi case automobilistiche truccavano i dati sulle emissioni dei loro veicoli per farli sembrare meno inquinanti di quello che erano nella realtà (e quindi farceli comprare!). Oggi, le nostre città rimangono ancora piene di auto, che occupano spazio, inquinano l’aria e aggravano la crisi climatica in corso. Per contrastare questo modello “autocentrico” non basta ridurre il numero di auto o convertirle in modelli più ecologici: dobbiamo ripensare tutta la mobilità e dobbiamo farlo a partire dai centri urbani.
Per questo motivo volontari e volontarie dei Gruppi locali di Greenpeace sono scesi in piazza per denunciare cosa non va nella mobilità delle proprie città. Abbiamo chiesto loro di raccontarci qual è la situazione dove vivono, e questi sono i risultati.
Da Torino a Palermo, problemi di sicurezza, manutenzione e carenza di servizi. Soprattutto in periferia.
Chiunque è stato nella Capitale ha ben presente di cosa si parla. Non è solo una questione di estetica, ma riguarda direttamente la sicurezza di chi si sposta a piedi e soprattutto la possibilità di farlo. Se è difficile e pericoloso persino attraversare la strada o raggiungere la fermata dell’autobus, le persone sono inevitabilmente spinte verso l’utilizzo dell’auto.
Problemi simili si riscontrano in tante altre città, come ad esempio ci testimoniano i racconti di Palermo e di Bari, dove i marciapiedi sono spesso in stato di abbandono, quando non invasi dalle auto parcheggiate.
Il trasporto pubblico locale è la grande sfida per costruire una nuova mobilità pensata per tutte le persone. Da Napoli a Genova, a Bergamo, a Roma, a Torino, le inefficienze del trasporto pubblico scoraggiano il suo utilizzo e soprattutto tagliano fuori chi vive lontano dal centro delle città. Le periferie italiane vengono spesso messe in secondo piano dagli amministratori locali, quando sono invece di prioritaria importanza: non solo ci vivono milioni di italiani, ma la mobilità per essere davvero sostenibile dev’essere al tempo stesso anche equa e accessibile a tutti e tutte.
Mancano alternative sostenibili, dai servizi di sharing alle piste ciclabili
Lo stesso discorso del trasporto pubblico vale anche per i servizi di sharing, che nonostante il recente boom, restano ancora troppo spesso in mano ai privati e non usufruibili da tutti, specialmente da chi vive più lontano dal centro e che avrebbe perciò più bisogno di servizi del genere.
Il cosiddetto “bonus bici” del governo ha scatenato un grande interessamento per la mobilità ciclistica, e in molte città sono partiti i lavori per tracciare bike lane provvisorie. Interventi simili non bastano se non sono affiancati da altri più strutturali per ripensare come viene impiegato lo spazio a disposizione per muoversi.
Da città del nord come Torino, Milano e Cremona, fino alla provincia pugliese, le testimonianze che ci sono arrivate ci raccontano di moltissime situazioni in cui gli investimenti sulla ciclabilità sono pochi o poco lungimiranti, o in cui addirittura si decide di mettere in discussione quello che di buono già esiste per tornare a modelli di mobilità che dovrebbero appartenere solo al passato.
Come ripartire da persone e ambiente
Molto altro può essere raccontato dei problemi che gli italiani affrontano quando si spostano in città. Ma ci sono alcuni punti che emergono chiaramente:
- con le dovute differenze tra le città, la questione della mobilità ci riguarda tutti da vicino, e ha a che fare non solo con la lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento atmosferico, ma anche con il modo in cui viviamo la nostra vita quotidiana;
- dobbiamo trasformare le nostre città a partire dalla mobilità: per questo è necessario l’impegno concreto e serio degli amministratori locali per tutte le persone che vivono sui loro territori. Questo cambiamento dev’essere sostenuto e incoraggiato da adeguate politiche nazionali;
- i soldi per la ripresa non devono essere spesi in progetti di mobilità basata sui combustibili fossili (come gli incentivi alle auto inquinanti e la costruzione di nuovi parcheggi e corsie per auto) ma devono essere investiti per una mobilità pensata per le persone e rispettosa dell’ambiente. È da qui che vogliamo ripartire!