Qualche giorno fa è stato il quinto anniversario del “dieselgate”, lo scandalo internazionale che ha portato alla luce come alcune delle più grandi case automobilistiche truccavano i dati sulle emissioni dei loro veicoli per farli sembrare meno inquinanti di quello che erano nella realtà (e quindi farceli comprare!). Oggi, le nostre città rimangono ancora piene di auto, che occupano spazio, inquinano l’aria e aggravano la crisi climatica in corso. Per contrastare questo modello “autocentrico” non basta ridurre il numero di auto o convertirle in modelli più ecologici: dobbiamo ripensare tutta la mobilità e dobbiamo farlo a partire dai centri urbani.

Per questo motivo volontari e volontarie dei Gruppi locali di Greenpeace sono scesi in piazza per denunciare cosa non va nella mobilità delle proprie città. Abbiamo chiesto loro di raccontarci qual è la situazione dove vivono, e questi sono i risultati.

Azione per la mobilità del Gruppo locale di Greenpeace a Firenze

Da Torino a Palermo, problemi di sicurezza, manutenzione e carenza di servizi. Soprattutto in periferia.

Francesco (Gruppo locale di Roma): “Uno dei problemi (…) più evidenti della mobilità urbana a Roma è legato alla manutenzione, alla qualità e al decoro dei marciapiedi presenti in tutta la città. Escluse pochissime eccezioni, va detto che uno dei limiti e delle brutture più grandi di questa città è proprio quello dei suoi marciapiedi! In quasi tutti i quartieri di Roma, compreso quello in cui vivo, (…) i marciapiedi sono privi di manutenzione, pieni di buche e insidie varie“.

Chiunque è stato nella Capitale ha ben presente di cosa si parla. Non è solo una questione di estetica, ma riguarda direttamente la sicurezza di chi si sposta a piedi e soprattutto la possibilità di farlo. Se è difficile e pericoloso persino attraversare la strada o raggiungere la fermata dell’autobus, le persone sono inevitabilmente spinte verso l’utilizzo dell’auto.

Problemi simili si riscontrano in tante altre città, come ad esempio ci testimoniano i racconti di Palermo e di Bari, dove i marciapiedi sono spesso in stato di abbandono, quando non invasi dalle auto parcheggiate.

Conni (Gruppo locale di Napoli): “Dagli anni dell’università utilizzo il trasporto pubblico e da anni vivo sulla mia pelle tutte le criticità di un servizio carente e poco efficiente, fatto di treni soppressi, ritardi, autobus che passano troppo di rado e troppo affollati, ma più di tutto, corse che finiscono alle 10 di sera. Per una persona come me che vive in provincia ma che vuole viversi la città anche la notte, questo costituisce una grave limitazione della libertà personale, (…) negando a chi non ha un mezzo privato la possibilità di frequentare il centro, e relegandolo quindi nella più triste e chiusa periferia“. 

Il trasporto pubblico locale è la grande sfida per costruire una nuova mobilità pensata per tutte le persone. Da Napoli a Genova, a Bergamo, a Roma, a Torino, le inefficienze del trasporto pubblico scoraggiano il suo utilizzo e soprattutto tagliano fuori chi vive lontano dal centro delle città. Le periferie italiane vengono spesso messe in secondo piano dagli amministratori locali, quando sono invece di prioritaria importanza: non solo ci vivono milioni di italiani, ma la mobilità per essere davvero sostenibile dev’essere al tempo stesso anche equa e accessibile a tutti e tutte.

Mancano alternative sostenibili, dai servizi di sharing alle piste ciclabili

Azione per la mobilità del Gruppo Locale di Greenpeace a Cagliari

Lo stesso discorso del trasporto pubblico vale anche per i servizi di sharing, che nonostante il recente boom, restano ancora troppo spesso in mano ai privati e non usufruibili da tutti, specialmente da chi vive più lontano dal centro e che avrebbe perciò più bisogno di servizi del genere.

Silvia (Gruppo locale di Torino): “A parte il fatto che ci sono dei punti in città non ancora coperti dalle piste ciclabili, quando si è costretti a pedalare su strada, si ha spesso l’impressione di non essere visti dagli automobilisti. Il motivo principale è che spesso vanno troppo veloci per accorgersene soprattutto in alcuni punti, i corsi e le vie a doppia corsia per esempio. (…) E anche se nelle vicinanze ci sono delle piste ciclabili (…), in alcuni tratti sono sterrate e d’autunno, quando cadono le foglie, si scivola molto“.

Il cosiddetto “bonus bici” del governo ha scatenato un grande interessamento per la mobilità ciclistica, e in molte città sono partiti i lavori per tracciare bike lane provvisorie. Interventi simili non bastano se non sono affiancati da altri più strutturali per ripensare come viene impiegato lo spazio a disposizione per muoversi.

Gruppo di Trieste: “Manca un sistema di car sharing, c’è solo il bike sharing e per le zone più alte di Trieste, che ha molte zone carsiche in cima alla collina, è impossibile da usare, anche perché non ci sono stalli nelle zone più distanti dal centro“.

Da città del nord come Torino, Milano e Cremona, fino alla provincia pugliese, le testimonianze che ci sono arrivate ci raccontano di moltissime situazioni in cui gli investimenti sulla ciclabilità sono pochi o poco lungimiranti, o in cui addirittura si decide di mettere in discussione quello che di buono già esiste per tornare a modelli di mobilità che dovrebbero appartenere solo al passato.

Gruppo San Ferdinando di Puglia: “Dopo aver distrutto due delle piste ciclabili esistenti, l’amministrazione comunale procede con una strategia più subdola e sottile prevedendo un’opera di “smantellamento lento”: attende che il tempo cancelli le linee di demarcazione, gira i cartelli stradali rispetto al senso di marcia delle automobili, elimina due dossi ciclabili. È il bacio della morte a un’altra importante pista ciclabile della città, quella che passa davanti alle scuole”.

Come ripartire da persone e ambiente

Cartelli di Greenpeace a Roma

Molto altro può essere raccontato dei problemi che gli italiani affrontano quando si spostano in città. Ma ci sono alcuni punti che emergono chiaramente:

  • con le dovute differenze tra le città, la questione della mobilità ci riguarda tutti da vicino, e ha a che fare non solo con la lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento atmosferico, ma anche con il modo in cui viviamo la nostra vita quotidiana;
  • dobbiamo trasformare le nostre città a partire dalla mobilità: per questo è necessario l’impegno concreto e serio degli amministratori locali per tutte le persone che vivono sui loro territori. Questo cambiamento dev’essere sostenuto e incoraggiato da adeguate politiche nazionali;
  • i soldi per la ripresa non devono essere spesi in progetti di mobilità basata sui combustibili fossili (come gli incentivi alle auto inquinanti e la costruzione di nuovi parcheggi e corsie per auto) ma devono essere investiti per una mobilità pensata per le persone e rispettosa dell’ambiente. È da qui che vogliamo ripartire!