A seguito della nostra inchiesta sulla presenza di PFAS nelle acque potabili del Piemonte, abbiamo presentato degli esposti presso le procure territorialmente competenti di Torino, Ivrea, Alessandria e Novara, dove è stata accertata la contaminazione da queste sostanze nelle acque potabili. I PFAS ( (sostanze poli e perfluoroalchiliche) sono un gruppo di di sostanze chimiche di sintesi prodotte dalle industrie, alcune delle quali cancerogene per l’uomo.
Chiediamo alla magistratura di indagare perché finora chi dovrebbe garantire la sicurezza della cittadinanza si è limitato a cercare di sminuire il problema, sostenendo che i valori che abbiamo rilevato sono nella norma.
Il punto è che i limiti attuali imposti dalle norme europee, (pari a 100 nanogrammi per litro per la somma di 24 molecole) che entrerà in vigore tra l’altro solo nel 2026, ci espongono a dosi pericolose di queste sostanze. Per questo chiediamo alla magistratura di prendere tutti i provvedimenti cautelari del caso per impedire che si continui a somministrare alla popolazione acque contenenti PFAS.
Chiediamo inoltre di verificare se, considerato lo stato di inquinamento permanente di queste aree, sussistano le condizioni per ipotizzare i reati di disastro ambientale o innominato, e per omissione di atti d’ufficio conseguente il mancato rispetto della normativa sull’accesso agli atti.
Una cattiva gestione dell’emergenza
I nostri esposti confermano quanto la situazione PFAS in Piemonte sia fuori controllo. Uno degli esposti riguarda l’operato della Regione Piemonte: alla nostra istanza di prendere visione degli esiti di analisi sulla presenza di PFAS nelle acque potabili, ha risposto tramite una missiva redatta dal Settore Servizi Ambientali che “le informazioni richieste non sono in possesso della Regione Piemonte”, invitando a chiedere i dati ai gestori. Una risposta che non sembra corrispondere alla realtà dei fatti, considerando che ARPA Piemonte e ASL Alessandria, enti che fanno capo alla stessa Regione, da anni conducono analisi sulle acque potabili.
Le possibili spiegazioni sono due: o il massimo ente regionale in materia ambientale e sanitaria non è al corrente dell’operato dei propri organi tecnici (ARPA e ASL Alessandria), oppure la Regione non ha rispettato la normativa vigente sull’accesso agli atti, rendendosi così responsabile del reato di cui all’art. 328 del codice penale.
Un ulteriore aspetto rilevato nella nostra denuncia riguarda la disparità degli interventi messi in atto dagli enti pubblici (Regione, ASL e ARPA) in presenza di contaminazione dell’acqua potabile in alcuni comuni dello Scrivia. Mentre a Montecastello i dati raccolti nell’estate del 2020 da ARPA Alessandria hanno permesso degli interventi a tutela della comunità residente, in altri paesi come Alzano Scrivia, Guazzora, Isola Sant’Antonio e Molino dei Torti, in cui sono stati riscontrati simili livelli di inquinamento, non è stato mai preso alcun provvedimento per tutelare la salute pubblica nonostante il problema fosse noto da tempo.
Curiosamente, dopo appena nove giorni dalla nostra richiesta di prendere visione dei dati sui PFAS nelle acque potabili, una nota inviata dall’ASL di Alessandria all’organizzazione ambientalista informa che “dal 7 agosto 2023 la rete idrica (nei quattro comuni, ndr) è stata posta sotto alimentazione proveniente dalla galleria filtrante di Tortona”, comune in cui, seppur con valori inferiori, il PFOA, una molecola del gruppo dei PFAS nota per essere cancerogena, viene abitualmente rinvenuta. Parallelamente, a Castelnuovo Scriva, dove i dati del 2023 mostrano livelli di contaminazione paragonabili, non risulta essere stato messo in atto un cambio di fonte di approvvigionamento.
La molecola di Solvay e quella cancerogena (PFOA)
I dati che ci sono stati consegnati da SMAT – ente gestore del servizio idrico integrato per la città metropolitana di Torino – indicano la presenza di un PFAS specifico, il cC6O4 o C6O4 prodotto in Italia solo da Solvay Specialty Polymers di Alessandria. Nell’acqua potabile di quattordici comuni (Agliè, Avigliana, Baldissero Canavese, Bardonecchia, Bruino, Caprie, Cintano, Pavone Canavese, Pinerolo, San Maurizio Canavese, Susa, Torino, Venaus, Villar Focchiardo) è stato ritrovato il solo C6O4, con un picco di 66 nanogrammi per litro a Cintano, a pochi chilometri da Ivrea. È doveroso chiarire come questa sostanza inquinante prodotta dalla Solvay di Alessandria sia arrivata nelle acque potabili di Torino e di altri comuni molto distanti.
Per quanto riguarda infine il PFOA, noto cancerogeno, la presenza è stata accertata in decine di comuni, inclusi alcuni della Val di Susa, per un totale di 125 mila persone potenzialmente esposte. Il valore più elevato è stato riscontrato da SMAT il 29 marzo 2023: 96 nanogrammi per litro nella rete potabile della frazione Madonna della Losa nel comune di Gravere, a oltre mille metri di altitudine. Anche per il PFOA, trattandosi di contaminazioni non da sottovalutare, chiediamo di individuare con urgenza le fonti inquinanti.
Una legge per fermare la contaminazione
I PFAS finora sono stati trovati nelle acque potabili di diversi comuni del Veneto, della Lombardia e del Piemonte. Ma a causa della loro persistenza, con l’inquinamento da PFAS nessuno può considerarsi al sicuro.
Per questo chiediamo al nostro governo, al parlamento e ai ministeri competenti di varare un provvedimento che vieti l’uso e la produzione di PFAS in tutta Italia.
La politica italiana non può continuare a ignorare questo problema.