Due petroliere russe sono state travolte il 15 dicembre da una violenta tempesta nello Stretto di Kerch, al largo della Crimea. Una si è spezzata in due, provocando la morte di un marinaio. Entrambe sono affondate causando fuoriuscite di olio combustibile pesante (mazut). Le due petroliere trasportavano tra le 8.000 e le 9.000 tonnellate di prodotti petroliferi. Di queste, secondo le stime, potrebbero essere finite in mare tra le 2.500 e le 4.500 tonnellate di mazut. 

Dopo pochi giorni, il mazut fuoriuscito dalle petroliere ha raggiunto alcune coste del Mar Nero. I residenti locali hanno iniziato a pubblicare decine di video che mostrano macchie di mazut e uccelli intrappolati nel petrolio lungo il litorale nei pressi di Anapa. Il 18 dicembre, l’estensione della contaminazione copriva circa  60 chilometri, dal ponte di Crimea fino ad Anapa, nella regione di Krasnodar.

Nei primi giorni di gennaio, il petrolio è arrivato anche sulle spiagge occidentali dello Stretto di Kerch, fino alle città di Yalta, Sebastopoli e Yevpatoria. Attualmente (13 gennaio) si stima un’area inquinata di oltre 100 chilometri quadrati.

È stato  dichiarato lo stato di emergenza in tutta la regione, dove sono stati segnalati finora 32 cetacei (per lo più focene comuni) che potrebbero essere morti a causa dell’inquinamento da olio combustibile. Sono stati segnalati anche migliaia di uccelli morti o feriti, le cui piume sono compromesse dal mazut.

«Gli incidenti che hanno coinvolto le due petroliere nello Stretto di Kerch, che secondo diversi rapporti hanno entrambe oltre 50 anni di servizio, costituiscono una grave minaccia ambientale», ha spiegato Natalia Gozak, direttrice dell’ufficio di Greenpeace Ucraina, che ha seguito sin da subito gli sviluppi dell’incidente per avere informazioni più chiare sull’entità dei danni. «Il combustibile fuoriuscito sta compromettendo l’ecosistema locale».

Per ora non possiamo confermare o smentire le informazioni fornite dalle autorità russe sul volume di olio combustibile finito in mare o sul suo tipo, ma ci sono alte probabilità che si tratti come dichiarato di olio combustibile pesante di tipo M100, il grado più pesante. La sua particolarità è che non rimane in superficie ma affonda rapidamente sul fondo, dove è tecnicamente impossibile neutralizzarlo. Se non viene rimosso tempestivamente, resta da aspettare che venga biodegradato dai microrganismi marini. Ciò può richiedere decenni.

Questo episodio evidenzia inoltre un problema ben più ampio: le attività della cosiddetta flotta ombra russa. La Russia infatti impiega petroliere obsolete per esportare petrolio greggio e finanziare la guerra in Ucraina. Nel 2007 una di queste navi aveva già causato un grave incidente nel Mar Nero, simile a questo.

Greenpeace Germania ha identificato le 192 petroliere più pericolose della flotta ombra. Questi tanker sono obsoleti, scarsamente assicurati e, in alcuni casi, già segnalati in passato per difetti tecnici e trasferimenti rischiosi di petrolio greggio da nave a nave. Per questo chiediamo che anche queste navi vengano aggiunte alla lista delle sanzioni dell’Unione Europea nei confronti della Russia, bloccandone sia la circolazione nelle acque e nei porti dell’UE, sia il commercio del petrolio e dei prodotti trasportati.