Sta facendo scalpore in questo scorcio del 2025 l’ennesima notizia sui “miracoli”
dell’ingegneria genetica. Secondo l’agenzia AGI, è nata in Scozia la mucca Hilda: “i suoi geni sono stati modificati per bloccare il rilascio di gas serra nocivi…”. Le emissioni di metano (un potente gas serra) causate dalla fermentazione enterica (in pratica, dal ruminare) delle mucche sono un problema per il clima planetario. Da qui un’ondata di articoli che esaltano la miracolosa tecnologia, con affermazioni tanto trionfalistiche (la mucca geneticamente modificata che non inquina) quanto false.

Hilda, infatti, è frutto di decenni di attività di normalissimi incroci (che è il modo con cui nei millenni abbiamo prodotto le varietà e razze domestiche). Come ricorda un sito specializzato “affermare in un titolo che ci sono bovine geneticamente modificate è quindi fuorviante e pericoloso. Per “geneticamente modificato” si intende infatti una profonda modifica del DNA di un organismo vivente attraverso l’inserimento di geni alieni o della stessa specie. Quanto avvenuto per la “mucca Hilda” non ha quindi nulla a che fare con
questo.”

Perché spacciare per OGM una “normale” mucca frutto di incroci tradizionali? Oltre ai limiti usuali delle competenze scientifiche di chi fa informazione, sappiamo che cercare di spacciare gli OGM come analoghi degli incroci naturali è da sempre una delle strategie preferite dalle aziende del settore e di chi le sostiene. Milioni di anni di selezione naturale hanno prodotto il meccanismo accurato che permette ai viventi di riprodursi. Una precisione che le aziende biotech sognano di raggiungere da tempo, invano.

Il mito dell’intervento “chirurgico” sul genoma è datato. Già negli anni ’90, la soia Roundup Ready della Monsanto venne autorizzata nell’Unione Europea poiché conteneva “solo” un frammento specifico di DNA estraneo (che gli garantiva resistenza al glifosato: un erbicida prodotto dalla stessa Monsanto). Si scoprì successivamente che (come riassunto in un report di Greenpeace “Time For the EU to reject: Monsanto’s Genetically Engineered “Roundup Ready” Soya“, vedi pag.4-6 e relativi riferimenti) oltre all’inserto principale c’erano numerose anomalie e alterazioni del genoma (di portata e conseguenze mai chiarite). Come nota lo stesso report “in modo non sorprendente, queste sequenze ignote non sono menzionate nel dossier con la richiesta di rinnovo dell’approvazione” della soia OGM. L’unica conseguenza di questa “scoperta” fu che da allora l’UE non ha approvato più OGM come “contenitori” solamente di una sequenza specifica di DNA ma come “prodotti” soggetti a un trattamento che ne ha modificato il DNA (come e con quali conseguenze, con precisione, non era dato sapere).

Ovvio che serviva qualcosa di meglio per rilanciare il settore, e da qui il mito risorgente della chirurgica precisione dei “nuovi OGM” (noti anche come NBT, New Breeding Technologies). Mito mandato a gambe all’aria da un lavoro di recente pubblicazione che ha indagato sugli “effetti collaterali” di una molecola (dal curioso nome di AZD7648) che avrebbe dovuto incrementare la precisione di una delle tecnologie NBT più reclamizzate, la CRISPR-Cas. In effetti, usando la AZD7648 la precisione aumenta ma… solo se ci si limita a “guardare” alla parte del genoma su cui si interviene. Allargando lo sguardo all’intero complesso del DNA cellulare i risultati sono raccapriccianti, visto che sono state osservate “frequenti delezioni (tagli al DNA) di migliaia o milioni di coppie di basi (i mattoni fondamentali del DNA), perdita di pezzi di cromosomi e traslocazioni (spostamenti di pezzi DNA).” Gli autori ricordano anche che “queste alterazioni su grande scala evadono i tipici metodi di rilevamento delle modifiche del genoma”.

Altro che precisione chirurgica, quindi: con gli OGM, siamo sempre all’epoca di
Frankenstein
. Molto meglio puntare sull’agroecologia e su un corretto rapporto della produzione agricola (e dei consumi alimentari) con l’ambiente. Perché i veri nemici dell’agricoltura sono altri.