Operazione Mare Caldo – credits: @Lorenzo Moscia / Greenpeace

Fenomeni come l’innalzamento delle temperature,  l’acidificazione e la perdita di ossigeno – la triste conseguenza del cambiamento climatico in atto – sono ormai comuni a tutti gli oceani del Pianeta.

Il riscaldamento globale sta portando a un aumento delle temperature delle acque superficiali e profonde con conseguenze particolarmente evidenti in un bacino semi-chiuso e fortemente impattato dalle attività umane, dall’inquinamento alle trivellazioni, come il nostro Mediterraneo. Si stima che in Italia le temperature superficiali siano aumentate di circa 2 gradi negli ultimi 50 anni, e che l’innalzamento medio annuo del livello del mare sia stato di circa 2,4 millimetri negli ultimi 20 anni, una minaccia non solo per gli abitanti del mare, ma soprattutto per le popolazioni costiere.

I nostri termometri sott’acqua

Per andare a studiare cosa sta succedendo in mare abbiamo deciso di lavorare insieme ai ricercatori del DiSTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) dell’Università di Genova e posizionare una prima stazione pilota per misurare le variazioni delle temperature lungo la colonna d’acqua.

Per farlo abbiamo scelto il mare dell’Isola d’Elba, importante limite biogeografico per le specie termofile dove gli impatti dei cambiamenti climatici potrebbero essere particolarmente evidenti.

Nonostante le condizioni meteo marine in inverno rendano le operazioni subacquee complicate, ci siamo immersi con l’aiuto del diving center il Careno e quello del laboratorio specializzato Elbatech. In un lavoro durato diverse immersioni, spesso esposti a forti correnti e ben poca visibilità, siamo riusciti a posizionare dei sensori ogni 5 metri, fino a 40 metri di profondità, lungo la parte rocciosa di una zona vicino alla costa nord-occidentale dell’isola.  Altri due di back up sono stati collocati sulla catena di una boa di ormeggio del Comune di Marciana posizionata nelle vicinanze. I sensori registreranno le temperature del mare in continuo per due anni evidenziando variazioni stagionali, eventuali onde di calore e fenomeni anomali, con l’obiettivo di correlare i dati raccolti a eventuali alterazioni nelle biocenosi costiere  (cioè l’insieme delle specie animali e vegetali che vive in quell’ambiente marino)

 In seguito potremo mettere i dati  a confronto con una rete di osservazione mediterranea, il T-Med network , che nella zona non ha una stazione di riferimento. Per i ricercatori è infatti fondamentale acquisire dati con lunghe serie temporali e spaziali per poter indicare opportune misure di gestione e tutela.

I cambiamenti climatici in mare

Gli impatti sulla biodiversità marina sono drammatici, dalle scogliere coralline ai nostri mari, dove fenomeni come morie improvvise, epidemie o invasioni di specie termofile che arrivano da mari più caldi sono sempre più diffuse. Lo avevamo toccato con mano questa estate quando ci siamo immersi in aree di particolare pregio ecologico, come Tavolara o le Isole dell’arcipelago Toscano: laddove c’erano tesori inestimabili abbiamo iniziato a registrare segnali allarmanti, dalla morte delle nacchere di mare (Pinna nobilis) a quella di immense gorgonie rosse (Paramuricea clavata) specie simbolo del nostro Mediterraneo.  Ed è proprio da qui che è nata l’idea per il progetto “Mare Caldo”.

La minaccia dei cambiamenti climatici aggrava la crisi di un ecosistema già duramente colpito dalle attività antropiche. Per salvare i nostri mari è necessario da un lato prendere subito alla COP 25 sul clima di Madrid l’impegno di tagliare le emissioni, dall’altro tutelarne le aree più sensibili. La comunità scientifica è concorde nel dire che per salvare gli oceani dobbiamo riuscire a tutelarne almeno il 30% entro il 2030 con una rete di Santuari marini.

Da anni chiediamo la creazione di una rete di Santuari marini (cioè aree protette) in acque internazionali, ma ad oggi nel Mediterraneo c’è solo il Santuario dei Cetacei, un’area compresa tra Francia, Principato di Monaco e Italia, rimasta purtroppo “protetta” purtroppo solo sulla carta, in quanto priva di efficaci misure di tutela. Proprio in quest’area di particolare valore ecologico abbiamo deciso di sviluppare l’Operazione “Mare Caldo”, per misurare gli impatti dei cambiamenti climatici in mare.

E’ ora che i governi del Mediterraneo, riuniti  in questi giorni a Napoli per la riunione delle parti della Convenzione di Barcellona, inizino a  mettere in atto misure concrete per la tutela del mare e smettano di perdere tempo! I nostri oceani non possono più aspettare.

Per sostenere attività scientifiche come questa, azioni dirette e mobilitazioni globali in difesa di mari e oceani contro l’emergenza climatica in corso, fai oggi stesso una donazione su oceani.greenpeace.it. Ogni piccolo contributo è importante, il momento di proteggere il Pianeta Blu – e il nostro futuro – è ora!


Operazione Mare Caldo – credits: @Lorenzo Moscia / Greenpeace
Proteggi gli Oceani

Cambiamenti climatici, pesca eccessiva, estrazioni minerarie, trivellazioni, plastica: i nostri oceani subiscono di tutto per colpa dell’avidità umana. Spesso sono proprio le zone d’Alto Mare, al di fuori della giurisdizione degli Stati costieri, a diventare prede degli interessi di pochi Stati ricchi e potenti o di aziende spregiudicate. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore? Non possiamo accettarlo: per difendere il fragile e meraviglioso ecosistema marino, serve creare una rete di Santuari d’Alto mare su scala planetaria.

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