Trentacinque anni di battaglie vanificate da una sentenza che di fatto verifica la correttezza delle procedure amministrative, senza prendere in considerazione le ricadute dal punto di vista scientifico e di tutela della biodiversità. Ma soprattutto non ha speso una parola sull’obbligo per tutti – comprese le Amministrazioni pubbliche – di tutelare “senza se e senza ma” un’Area Marina Protetta. Insomma, vince la burocrazia, ma perde il mare e chi lo difende. Così amaramente commentano Marevivo e Greenpeace Italia la sentenza del TAR della Campania che lo scorso 6 novembre ha respinto il ricorso presentato dalle realtà ambientaliste contro il progetto “Infrastrutture, Reti idriche, Trasportistiche ed Energetiche, dell’area del sito di interesse nazionale di Bagnoli Coroglio” di Invitalia s.p.a. Il TAR conferma il progetto dando via libera ai lavori di potenziamento delle reti idriche e fognarie nell’area di Posillipo- Bagnoli, compreso il rifacimento del collettore “Arena Sant’Antonio”, che scaricherà in prossimità dell’Area Marina Protetta Parco Sommerso di Gaiola, una zona tutelata da norme di protezione nazionali ed europee, come la Rete Natura 2000.

Per Marevivo, Greenpeace Italia e Delegazione Marevivo Campania, la sentenza del Tar ignora totalmente le attuali ricadute sulla biodiversità marina e non spiega con esattezza come le nuove modifiche impatteranno meno sugli habitat di Posidonia e coralligeno presenti nell’area. Habitat che dovrebbero essere integralmente protetti. Stando alla sentenza, il progetto viene definito “ampiamente migliorativo” rispetto alla situazione attuale, grazie a  una serie di interventi tecnici per raggiungere tale scopo. I giudici hanno dunque ritenuto che il potenziamento delle reti fognarie ridurrà gli sversamenti in mare e migliorerà significativamente la qualità delle acque, anziché arrecare ulteriori danni ambientali.

Durante questi mesi, in tantissimi si sono uniti alla battaglia di Marevivo e Greenpeace Italia: volti noti, professionisti, società civile, 16 associazioni ambientaliste del Coordinamento Tutela Mare “Chi Tene o’ Mare”, il mondo scientifico e culturale, che all’unisono hanno contestato il Piano di Invitalia. Anche i miticoltori della zona, insieme con Fondazione UniVerde, Confcommercio-Imprese per l’Italia, Associazione Studi Ornitologici Italia Meridionale e Associazione Premio GreenCare, hanno firmato l’atto di intervento ad adiuvandum a sostegno del ricorso al TAR. A nulla è servita anche la decisione del Consiglio Regionale della Campania, che all’unanimità aveva approvato la mozione contraria presentata dalla Consigliera Roberta Gaeta, cui aveva dato seguito la Giunta Regionale definendo “nefasto” il PRARU, Programma di Risanamento Ambientale e di Rigenerazione Urbana di Invitalia. 

“Sapevamo già che il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, aveva espresso parere favorevole sulla compatibilità ambientale del progetto, ma questo è stato fatto senza effettuare nessuno studio sul campo. Ci chiediamo come sia possibile credere a tale parere non supportato dagli studi scientifici necessari”, dichiara Valentina Di Miccoli, campaigner mare di Greenpeace Italia.

“È una contraddizione in termini che un Piano di Bonifica e Risanamento Ambientale individui come area di scarico dei nuovi scolmatoi fognari proprio l’Area Marina Protetta Parco Sommerso di Gaiola, una zona tutelata da norme di protezione nazionali ed europee, come la Rete Natura 2000 – spiega Rosalba Giugni, Presidente Fondazione Marevivo. – Questa sentenza ci delude profondamente, perché crea anche un pericoloso precedente per il sistema delle Aree Marine Protette italiane ed europee. L’impegno di Marevivo per la Gaiola dura da oltre 35 anni: ci siamo battuti per 13 anni perché diventasse un’area tutelata e non abbiamo mai smesso di difenderla. Abbiamo invitato chi di dovere a trovare soluzioni alternative allo scarico già esistente e il paradosso è che adesso ne verrà creato un altro. Non ci arrenderemo neanche stavolta. Abbiamo deciso di agire in modo democratico, intraprendendo le vie legali nel pieno rispetto delle istituzioni e convinti della bontà delle nostre ragioni. Se in tanti si sono uniti a noi è perché hanno a cuore il mare di Napoli, la sua inestimabile flora e fauna e la salute dei cittadini”.

“Questa è una sconfitta non solo per il mare di Napoli, ma per la tutela della risorsa mare dell’intero Paese. Nella sentenza, a nostro avviso, ci sono delle lacune importanti sul fronte scientifico dei dati di riferimento e delle conoscenze, sia dal punto di vista biologico che oceanologico ed idrologico. Tuttavia, ritengo che il tema fondamentale non sia se l’intervento sia leggermente migliorativo, peggiorativo o lasci le cose come sono. Il tema fondamentale è che in quel luogo uno scarico fognario non deve esistere”, dichiara Maurizio Simeone, Direttore dell’AMP Gaiola.  

Pur riconoscendo che il TAR Campania si sia limitato a valutare la correttezza delle procedure amministrative, riteniamo che la questione ambientale resti sostanzialmente irrisolta. È indispensabile approfondire con serietà e trasparenza i possibili impatti dell’opera sulla biodiversità marina, che interessa tanto l’Area Marina Protetta “Parco Sommerso di Gaiola” quanto la Zona Speciale di Conservazione IT8030041 “Fondali Marini di Gaiola e Nisida”, della Rete Natura 2000, la più grande rete ecologica d’Europa, istituita dall’Unione Europea ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”.

L’applicazione del principio di precauzione deve essere prioritaria in un contesto così fragile e prezioso. Ancora una volta, invece, si è scelto di sacrificare il mare e la sua tutela, considerandoli un problema di serie B rispetto alle esigenze infrastrutturali. È una decisione miope che rischia di compromettere irreversibilmente un patrimonio naturale unico, che appartiene a tutta la collettività.