In Italia più del 60% delle bottiglie immesse sul mercato ogni anno non viene riciclato. Un business in mano a poche aziende leader che porta dritto all’inquinamento massiccio dei nostri mari.

È quanto emerge dal nostro ultimo rapporto  “L’insostenibile peso delle bottiglie di plastica”, da cui si deduce che circa 7 miliardi di contenitori in PET (Polietilene Tereftalato, il tipo di plastica utilizzato per produrli) da 1,5 litri, usati per confezionare le acque minerali e le bevande, rischiano di essere dispersi nell’ambiente e nei mari. A ciò si aggiungono le emissioni di gas serra generate dalla produzione delle bottiglie non riciclate, pari a 850 mila tonnellate di CO2 equivalenti, che aggravano la crisi climatica.

Siamo i primi consumatori di acqua in bottiglia al mondo, con Messico e Thailandia, ma nonostante i numeri impietosi del riciclo, le grandi aziende continuano a immetterne sempre di più sul mercato, facendo enormi profitti e non assumendosi alcuna responsabilità sul corretto riciclo e sul recupero a fine vita. Se vogliamo ridurre l’inquinamento da plastica nei nostri mari, le multinazionali devono fare la loro parte e promuovere soluzioni a basso impatto ambientale come l’impiego di contenitori lavabili e riutilizzabili.

Poche aziende leader del mercato si spartiscono il mercato delle acque minerali (San Benedetto, Nestlé-San Pellegrino e Sant’Anna), mentre Coca Cola, San Benedetto e Nestlé-San Pellegrino dominano “la piazza” delle bibite. Non è accettabile che questi grandi marchi continuino a pubblicizzare il riciclo come soluzione quando appena il 5% del PET riciclato in Italia viene usato per produrre nuove bottiglie! Si tratta di una situazione inaccettabile, resa possibile dall’inazione della politica che non ha definito quote obbligatorie di impiego per i contenitori riutilizzabili, né incentivato sistemi di deposito su cauzione come avviene ormai da decenni in numerosi Paesi europei.

Il recepimento della direttiva europea sulle plastiche monouso, che dovrebbe avvenire entro il 3 luglio, sarebbe un’ottima occasione per ridurne subito l‘impiego e promuovere il riutilizzo seguendo l’esempio tedesco e francese. Eppure, a due giorni dall’entrata in vigore della direttiva, non abbiamo ancora alcuna indicazione dal ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani sul decreto di recepimento.

L’uso di gas e petrolio e l’impiego di plastica sono due facce della stessa medaglia: un’economia basata sullo sfruttamento delle fonti fossili. Per questo i nostri volontari e volontarie hanno lanciato dei messaggi inequivocabili dalle bellissime balconate sul mare di Polignano a Mare (Bari).

Non dimentichiamoci che la plastica è prodotta proprio a partire da petrolio e gas ed è un business che ostacola la vera transizione ecologica!

Più mare, meno plastica!

Il mare non è una discarica: chiedi alle aziende di abbandonare l’usa e getta.

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