
Dai violenti incendi alle ondate di calore record, dal collasso degli ecosistemi alla scomparsa delle specie: i segnali della grave crisi ambientale in atto sono ormai ovunque. Stiamo vivendo un’estinzione di massa causata da decenni di deforestazione incontrollata, agricoltura industriale, pesca eccessiva e da uno sfruttamento incessante delle risorse naturali.
Questa crisi non è solo un problema ambientale; è un problema umano. Milioni di persone in tutto il mondo ne stanno già scontando le conseguenze, che siano carenze alimentari, acqua inquinata o problemi di salute.
Ma se il problema è globale, lo è anche la soluzione. È qui che entra in gioco l’imminente COP16 sulla biodiversità delle Nazioni Unite, che si terrà a Roma dal 25 al 27 febbraio 2025 presso la FAO. Un momento cruciale per raggiungere un accordo globale che miri a sbloccare i fondi per preservare la biodiversità sulla Terra e garantire la sopravvivenza degli ecosistemi.
Perché la COP16 di Roma sulla biodiversità è un’opportunità fondamentale per proteggere la natura

Dove eravamo rimasti: gli impegni presi alla COP15 di Montreal del 2022
Per capire l’importanza della COP16Bis di Roma occorre fare un passo indietro. Anzi, tre. Torniamo un attimo al 2022, più precisamente alla COP15 di Montreal.
Durante i negoziati di Montreal, i Paesi partecipanti avevano concordato una tabella di marcia ben precisa: proteggere il 30% della biodiversità delle terre e il 30% dei mari, fornendo entro il 2025 almeno 20 miliardi di dollari USA annui di finanziamenti per la biodiversità ai Paesi in via di sviluppo e 30 miliardi di dollari entro il 2030.
Ma gli obiettivi fissati sono stati davvero raggiunti? Non proprio.
Durante la COP16 in Colombia del 2024 c’è stata una battuta d’arresto sui i fondi per la biodiversità
O – quantomeno – questo negoziato per alcuni ha dato grandi risultati, per altri invece è stato un fallimento.
Da una parte, i risultati positivi. Tra questi, la creazione di un nuovo organismo dedicato ai diritti, ai territori e alle conoscenze dei Popoli Indigeni, la definizione di un metodo standard per identificare le aree oceaniche di alto valore ecologico, il riconoscimento dell’interconnessione tra biodiversità e crisi climatica e il raggiungimento di un accordo per obbligare le aziende che sfruttano le risorse naturali a contribuire economicamente alla loro protezione.
Poi, la parte dolente.
Non si è raggiunto nessun accordo per la mobilitazione delle risorse economiche definite durante la COP15 di Montreal: i rispettivi 30 e 20 miliardi di dollari di cui sopra da destinare alla tutela della biodiversità.
Nonostante le promesse dei paesi del Nord globale, i governi non sono riusciti a sbloccare i fondi necessari lasciando così il finanziamento della biodiversità in una situazione di stallo.
Tra i principali Paesi responsabili del ritardo del pagamento dei fondi decisi nel 2022 c’è anche l’Italia
Secondo un rapporto dell’ODI (giugno 2024), su 28 paesi analizzati, 23 hanno versato meno della metà della loro quota, con soli 8,4 miliardi di dollari raccolti e un deficit di 11,6 miliardi di dollari. I principali responsabili del ritardo sono Giappone, Regno Unito, Italia, Canada e Spagna, che mancano all’appello con 8,3 miliardi di dollari. Solo Norvegia e Svezia hanno rispettato il loro impegno.
La biodiversità – in Italia e nel mondo – non può più aspettare
L’Italia è il Paese europeo con la maggiore varietà di specie, habitat e il più alto numero di specie endemiche, ma il 68% dei suoi ecosistemi terrestri è a rischio e il 30% delle specie è minacciato di estinzione. Le Aree Protette coprono il 17% della superficie terrestre e l’11% di quella marina, ma di quest’ultima solo l’1% ha reali misure di tutela.
A livello globale, appena l’8,4% degli oceani è protetto, e solo il 2,7% gode di misure di conservazione efficaci. La percentuale si riduce allo 0,9% per le aree d’alto mare, che sono al di fuori della giurisdizione nazionale. Per salvare la biodiversità marina, serve proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030, ma al ritmo attuale ciò avverrà solo nel 2100.

La COP16 di Roma sulla biodiversità delle Nazioni Unite sarà fondamentale per proteggere la natura
La posta in gioco è altissima: i 20 miliardi di dollari entro il 2025 da assegnare a progetti per la salvezza della natura e la protezione della biodiversità sono il traguardo più imminente da raggiungere, ma ci sono molti altri obiettivi importanti che non possono aspettare.
Per questo motivo chiediamo che:
- I paesi ricchi aumentino i finanziamenti per rispettare l’obiettivo di 20 miliardi di dollari entro il 2025.
- I ministri dell’Ambiente e delle Finanze dei paesi ricchi istituiscano un gruppo di lavoro ministeriale internazionale per monitorare il rispetto dell’impegno.
- I finanziamenti siano accessibili direttamente ai Popoli Indigeni e alle comunità locali.
- Siano eliminati o riformati entro il 2025 i flussi finanziari dannosi per la biodiversità (come sussidi, agevolazioni fiscali o contributi che governi, istituzioni, banche e assicurazioni offrono per promuovere specifiche attività o settori) riducendoli di almeno 500 miliardi di dollari USA all’anno entro il 2030.
- Siano creati meccanismi di finanziamento innovativi evitando false soluzioni come i crediti di biodiversità e carbonio, che le aziende usano per fare greenwashing dando l’illusione che possano “compensare” le proprie emissioni o gli impatti negativi sull’ambiente finanziando progetti di conservazione della natura o riduzione delle emissioni altrove.
Non sprechiamo questa opportunità!
La COP16Bis rappresenta un momento decisivo per il futuro della biodiversità. Senza azioni concrete e finanziamenti adeguati, gli obiettivi fissati a Montreal rischiano di rimanere sulla carta, mentre ecosistemi vitali continuano a degradarsi. Il tempo stringe: governi, aziende e società civile devono assumersi la responsabilità di invertire la rotta. Solo con un impegno globale e misure tangibili potremo garantire la sopravvivenza della natura e il benessere delle generazioni future.
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