A baby green sea turtle in a plastic cup on the beach on Bangkaru Island, Sumatra.

Ogni anno il 22 aprile si celebra la Giornata mondiale della Terra, istituita nel lontano 1970 per celebrare il nostro Pianeta e promuoverne la salvaguardia. Una ricorrenza che oggi viene festeggiata per la cinquantesima volta e che, di anno in anno, è diventata l’occasione per fermarci a riflettere sulla bellezza e la fragilità del nostro Pianeta.

Prenderci cura della nostra casa è un tema quanto mai attuale in queste settimane di emergenza sanitaria che, come sappiamo, è strettamente collegata alla distruzione degli habitat e allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. Parliamo di quella stessa natura che, complice la nostra clausura e lo stop a molte attività umane, sembra essersi riappropriata dei propri spazi un po’ ovunque: dai delfini nel porto di Cagliari alla lontra in alcune aree della Liguria, dall’aquila reale nel cielo di Milano fino alle acque di nuovo limpide del fiume Po.

Eppure, questa pandemia potrebbe avere un costo in termini ambientali, ancora poco noto, ma di cui potremmo accorgerci molto presto. Parliamo del crescente consumo di imballaggi e contenitori in plastica monouso, una dalle cause scatenanti dell’inquinamento da plastica. In questo periodo di emergenza sanitaria in cui siamo tutti molto attenti all’igiene, la plastica sembra offrirci delle garanzie in più, ma è veramente così?

In realtà i prodotti confezionati, inclusi quelli in plastica, non garantiscono a priori l’assenza del rischio di contaminazione. Al contrario, una ricerca pubblicata di recente sulla prestigiosa rivista internazionale The New England Journal of Medicine ci indica che è proprio la plastica una delle superfici su cui il virus può resistere più a lungo, fino a 72 ore. Anche per questo l’Europa ha respinto al mittente le recenti richieste delle lobby industriali (molto pressanti anche in Italia sulla Plastic Tax) di rinviare l’entrata in vigore della direttiva europea (prevista per il 2021) sulla plastica monouso, perché “le buone pratiche igieniche devono essere applicate a tutti i prodotti, plastica compresa”.

Nonostante ciò, alla fine dell’emergenza Covid19, potremmo vedere crescere la quantità di plastica monouso prodotta, mentre il sistema di riciclo, già inefficace nel contrastare i volumi di produzione pre – Covid 19, in questo momento è quasi fermo.

Questa pandemia ci ha insegnato che non bisogna aggravare il degrado ambientale del nostro Pianeta, per questo sull’inquinamento da plastica non possiamo abbassare la guardia. Ed è proprio dalle future generazioni che può avvenire il cambiamento di cui il nostro Pianeta ha realmente bisogno. Per questo Greenpeace mette a disposizione il percorso digitale “Un futuro senza plastica” al fine di sensibilizzare le ragazze e i ragazzi sulla necessità di ridurre la quantità di plastica messa in commercio. Il pacchetto, strutturato in base alle esigenze di diverse fasce di età, è fatto di giochi e attività didattiche all’insegna del divertimento e della curiosità. Si può utilizzare a casa per sfidare fratelli, sorelle e genitori oppure, in un futuro prossimo, anche gli amici e i compagni di classe.

E’ possibile scaricare il kit da oggi, un piccolo regalo per imparare a prenderci cura del Pianeta fin da piccoli.