Pietro Greco. Foto da Il Mattino.it

Sono giornalista scientifico e scrittore”. Si apre così la pagina Facebook di Pietro Greco, da Ischia, scomparso improvvisamente oggi, 18 dicembre di questo anno sempre più infame. E ci lascia al solito sul pezzo, come mostra il suo ultimo post, un invito a seguire l’ennesimo dibattito da lui introdotto e moderato (quanti ne avrà fatti nella vita?). “Carissimi, domani nuovo incontro per via telematica con gli amici antropologi di ISITA. Tema d’obbligo: il COVID. Ma l’approccio è originale e davvero interessante. Ci sono un bel po’ di grandi e competenti amici. Vi aspetto”.

Ecco, Pietro non ci sarà ad aspettarci. E questa notizia che rimbalza da stamattina, sconvolgendo la comunità scientifica, sta determinando un’ondata di dolore e affetto, che – come è ormai prassi – si riversa sulle sue pagine social e non solo. Né Pietro potrà rivedere la ricostruzione della sua amata Città della Scienza di Napoli (è stato responsabile del Centro studi), il progetto della quale campeggia sempre come testata su Facebook.

Come raccontare Pietro Greco a chi non lo conosce? La sua nascita nel Golfo di Napoli favorisce la facile associazione con un vulcano. Laureato in chimica, lascia presto l’attività di ricerca per il giornalismo scientifico. Per anni, scrive sulla pagina di scienza dell’Unità, l’unica pubblicata quotidianamente in Italia, vera fucina di talenti del giornalismo e della divulgazione, con il coordinamento del rimpianto Romeo Bassoli, anche lui scomparso prematuramente.

Pietro ha diretto per anni il master in Comunicazione scientifica della SISSA di Trieste, è stato conduttore di Radio 3 Scienza, socio dell’agenzia Zadig Roma, consigliere del ministro dell’Università e della Ricerca, condirettore della rivista online “Scienza in rete”, animatore della rivista “micron. ecologia, scienza, conoscenza”, autore di diversi programmi televisivi della RAI, caporedattore del magazine online “Il Bo Live”, di proprietà dell’Università degli Studi di Padova, presidente del Circolo Georges Sadoul di Ischia.

Ma questo è un elenco di incarichi, per di più imperfetto, che restituisce solo parzialmente la vastità degli interessi di quel vero e proprio agitatore culturale che è stato Pietro. Pensiamo alla sua instancabile produzione editoriale. Su Wikipedia si contano 23 libri, ma posso affermare con certezza che anche questo elenco è parziale. Solo nel 2020, a firma o a cura di P. Greco sono usciti: “Quanti. La straordinaria storia della meccanica quantistica”, “Homo. Arte e scienza”, “Trotula. La prima donna medico d’Europa”, “L’albero”, “Il computer incontra la fisica teorica. La nuova frontiera della simulazione molecolare” e “Gli scienziati del Sud che fecero l’Italia”.

Proprio quest’ultimo titolo, forse, ci aiuta ad ancorare la personalità di Pietro Greco a un progetto, che è poi quello di fare cultura attraverso la scienza, nella consapevolezza che attraverso di esse passa buona parte della capacità di un paese come l’Italia di risollevarsi dalle attuali miserie (che la pandemia ha solo esacerbato). Intervistato la settimana scorsa dal “Venerdì di Repubblica”, afferma: “Volevamo ricordare che anche nel Meridione sono nati grandi scienziati, che hanno dato un importante contributo al progresso delle loro terre e di tutta l’Italia“. Detto da Napoli, quella che è stata solo poco più di un secolo fa “uno dei maggiori centri culturali europei, con istituzioni uniche come l’Osservatorio Vesuviano, il primo centro di vulcanologia al mondo”.

Pietro Greco ha sempre scritto di ambiente, e in particolare dell’emergenza climatica. La sua palestra preferita, ultimamente, era quella di “micron”, dove i suoi corsivi seguivano puntualmente tanto i risultati della ricerca scientifica, quanto i progressi (e gli stalli) dei negoziati globali. Senza tralasciare – e come poteva essere altrimenti? – la grande novità rappresentata dalla decisione del quotidiano inglese “The Guardian” di ripensare la terminologia usata per comunicare di clima.

L’ultimo corsivo di Pietro (l’ultima cosa scritta? Non ne sarei così sicuro…) è proprio di ieri, e s’intitola “Se non ora quando?”. “A cinque anni dagli accordi di Parigi e dopo una battuta di arresto dovuta alle decisioni di Donald Trump e di altri leader mondiali, si sta creando un clima politico favorevole al rilancio della strategia di mitigazione dei cambiamenti climatici”, scrive. E aggiunge. “Sì, il clima politico è mutato, in meglio. Approfittiamone”.

Proveremo noi ad approfittarne, caro P. Greco. Che la terra ti sia lieve.