Il tonno è uno dei pesci più mangiati nel mondo e costituisce una parte fondamentale della dieta di milioni di persone. Ma è anche alla base del lussuoso mercato del sashimi. Tra le specie di tonno più utilizzate a scopi commerciali ci sono il prezioso tonno rosso del Mediterraneo, venduto soprattutto fresco, e il tonnetto striato e il tonno pinna gialla, provenienti da Oceani lontani e che finiscono nelle nostre scatolette. A livello globale le popolazioni di tonno sono a rischio e il rischio è che non riuscirà a sopravvivere alla pressione della pesca industrializzata e spesso distruttiva, che sta minacciando gravemente il suo regno. Anni di cattiva gestione e pesca eccessiva hanno causato la crisi della maggior parte degli stock di tonno.
La crisi del tonno rosso nel Mediterraneo
Il tonno rosso del Mediterraneo è stato portato sull’orlo del collasso a causa della pesca eccessiva. Un collasso annunciato, aggravato ancor di più dalla follia dei tonni messi all’ingrasso in allevamenti in mare che ha peggiorato la situazione. A causa di anni di cattiva gestione né i governi interessati né la Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno Atlantico (l’ICCAT , l’organo internazionale che ne gestisce la pesca e la conservazione) sono stati in grado di regolamentare in modo sostenibile e lungimirante questa preziosa specie ittica.
Una lunga campagna di Greenpeace per salvare il tonno rosso nel Mediterraneo ha portato nel 2007 la Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno Atlantico (ICCAT) a introdurre regole più stringenti e imporre forti limiti alla pesca. Purtroppo ai primi piccoli segnali di ripresa degli stock, le quote di pesca concesse ai pescatori sono subito state aumentate nonostante il parere contrario degli esperti scientifici. E’ la conferma che c’è ancora molto lavoro da fare perché, come sempre accade, se non consentiamo alle specie un tempo adeguato di ripresa e recupero, rischiamo di rendere vani tutti gli sforzi fatti finora.
Tonno in trappola
Ma il tonno rosso non è il solo sfruttato oltre i limiti, a rischio anche le specie che arrivano da oceani lontani come il tonno pinna gialla, che finisce nelle nostre scatolette. Il tonno in scatola è la conserva ittica più venduta sul mercato mondiale, con un volume d’affari che si aggira intorno ai 19,3 miliardi di euro l’anno, ma ben pochi consumatori sanno cosa davvero si nasconde nelle scatolette.
Metodi di pesca distruttivi che svuotano il mare e uccidono animali marini tra cui squali e tartarughe. Come se non bastasse le filiere potrebbero essere macchiate da gravi abusi dei diritti dei lavoratori.
È necessario cambiare il modo in cui la pesca al tonno viene gestita, introdurre modifiche sostanziali nei metodi di pesca utilizzati e creare santuari marini se vogliamo davvero proteggere l’ecosistema e garantire che risorse come il tonno non si esauriscano.
Le decisioni dei produttori e della grande distribuzione possono davvero cambiare la situazione. Ma solo una crescente richiesta dei consumatori per un tonno in scatola pescato in modo equo e sostenibile può riuscire a cambiare le loro politiche e indirizzare l’intero settore.
Grazie alla campagna “Tonno in Trappola” di Greenpeace, alcune aziende italiane si sono impegnate a utilizzare nelle loro scatolette solo tonno pescato con i metodi più sostenibili e oggi anche sul nostro mercato sono finalmente disponibili dei prodotti con tonnetto striato pescato a canna.
Grazie al supporto di migliaia di persone siamo riusciti a cambiare alcune tra le più grandi aziende di tonno al mondo, come il colosso Thai Union (in Italia produttore di Mareblu) e Rio Mare. Adesso tocca a tutti gli altri cambiare rotta e seguire questa strada, perché quando sono i consumatori a chiederlo è davvero possibile cambiare le cose.
Scopri cosa fanno le aziende italiane, visita il sito Tonno in Trappola e leggi la Classifica rompiscatole.