Capodoglio spiaggiato a Palermo – Foto: @Giulia Massa

Altri due capodogli sono stati trovati morti pochi giorni fa, uno a Palermo e uno sulla spiaggia di Cefalù: quest’ultimo er un esemplare di 6/7 anni e anche lui, come la madre trovata morta con il piccolo nella pancia in Sardegna a marzo, aveva lo stomaco pieno di plastica.

La strage dei cetacei

E’ arrivato tristemente a sei il numero di capodogli trovati morti dall’inizio del 2019, più di uno al mese, quando la media – ci dicono i ricercatori dell’Università di Padova, centro di riferimento in Italia per lo spiaggiamento dei grandi cetacei-  è circa di 2 o 3 esemplari l’anno.

Cosa sta succedendo? Il degrado dei nostri mari è arrivato al punto che se non interveniamo in fretta rischiamo di oltrepassare un punto di non ritorno?

Ebbene, il recente rapporto sulla Biodiversità dell’ONU parla chiaro: oltre un milione di specie sono a rischio di estinzione, tra queste anche i cetacei del nostro Mediterraneo.

Il rapporto preliminare sullo spiaggiamento dei cetacei in Italia presentato oggi dai ricercatori dell’Università degli Studi di Padova in occasione della partenza del nostro tour “MAYDAY SOS Plastica” con The Blue Dream Project, conferma che balene e delfini sono sempre più colpiti dall’inquinamento da plastica.

Nel Mediterraneo sono presenti ben otto specie di cetacei considerati “residenti”, tutte particolarmente presenti nel Mar Tirreno centrale. Tra loro delfini, come tursiopi e stenelle, ma anche campioni di immersione come zifi e capodogli, e il secondo animale più grande al mondo: la balenottera comune, che può raggiungere i 23 metri di lunghezza.

I numeri

In caso di morte, malattia o disagio i cetacei possono arenarsi vivi o morti sulle nostre spiagge. I ricercatori dell’Università di Padova, che sono impegnati in prima persona nelle autopsie di questi animali quando non riescono a sopravvivere, ci dicono che in Italia i cetacei si spiaggiano con una media di 150-160 esemplari l’anno. Per un 30% dei soggetti, circa un animale su tre, la morte è legata in modo diretto ad attività umane, come il traffico marittimo e la pesca. In aumento, però, sono anche e soprattutto le evidenze della contaminazione da plastica, che può compromettere seriamente la salute degli animali.

Cosa succede agli animali

I rifiuti plastici si trovano sia in superficie che sul fondo del mare. Uno studio recente promosso da ACCOBAMS (l’Accordo per la Conservazione dei Cetacei del Mar Mediterraneo, Mar Nero e Acque Adiacenti), che ha usato piccoli aeromobili con cui osservare i cetacei residenti in tutto il Mediterraneo, ha permesso di evidenziare che la plastica galleggiante è presente ovunque, rappresentando un rischio reale se ingerita da parte di varie specie marine. L’ingestione di plastica può minacciare la vita dei cetacei sia perché è un corpo estraneo – e dunque può ridurre l’ingestione di cibo, provocare costipazione e limitare l’assunzione di nutrienti – sia perché può trasportare e rilasciare sostanze chimiche e agenti patogeni. In alcuni casi, i rifiuti derivanti dalle attività di pesca possono letteralmente strozzare questi animali – attorcigliandosi intorno alle vie aeree – o ridurre le capacità natatorie e di immersione, attorcigliandosi intorno alle estremità.

Giovani cetacei, soprattutto capodogli, ecco chi sono le vittime

Recenti indagini – svolte per comprendere i fattori che influiscono sull’ingestione di rifiuti- mostrano che gli animali più sensibili a questo tipo di inquinamento sono esemplari giovani, spesso denutriti perché non riescono a trovare cibo, che scambiano la plastica per prede, e gli animali in grado di immergersi a grandi profondità, come grampi, zifi e capodogli. Il caso del capodoglio appena morto a Cefalù sembra confermarlo.

Nel rapporto si indica come negli ultimi dieci anni nel 33% degli spiaggiamenti di capodogli, questi animali siano stati ritrovati con frammenti di plastica nello stomaco, e nel 4% dei casi con frammenti di reti abbandonate intorno alle loro estremità. Emblematico il caso della femmina di capodoglio gravida spiaggiata a fine marzo a Porto Cervo con 22 Kg di plastica nello stomaco. E’ ancora da capire se la plastica sia stata la causa o una con-causa della morte dell’animale, ma non possiamo più nasconderci che l’inquinamento da plastica sia una minaccia in rapido aumento per la salute e la sopravvivenza di questi animali, e che siano necessari studi approfonditi in merito.

Per questo abbiamo deciso di solcare i nostri mari e farvi vedere cosa sta succedendo. Servono misure urgenti per ridurre la produzione di plastica e santuari marini per tutelare le zone chiave dove queste specie vivono.

Non c’è più tempo da perdere, il mare ci sta mandando un SOS.

Noi abbiamo risposto, fallo anche tu:  segui il nostro tour Mayday plastica!

Più mare, meno plastica!

Il mare non è una discarica: chiedi alle aziende di abbandonare l’usa e getta.

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