I cittadini dei principali Paesi esportatori  di armi dell’Unione europea bocciano le politiche di esportazione dei loro governi. A rivelarlo è il sondaggio d’opinione condotto dal 15 al 19 aprile per Greenpeace dall’istituto di ricerca YouGov tra la popolazione dei quattro maggiori esportatori europei di armi: Germania, Francia, Spagna e Italia.

Pubblichiamo i risultati del sondaggio a pochi giorni dall’uscita della nuova relazione governativa sull’export militare italiano, che conferma invece un trend avviato 5 anni fa: i Paesi extra Nato-Ue sono tra i principali destinatari delle nostre armi. Ciò significa che, nonostante la volontà dei cittadini, la maggior parte degli armamenti italiani finisce nelle zone a più alta tensione al mondo: il Nord Africa e il Medio Oriente.

Cosa emerge dal nostro sondaggio

  • La maggioranza degli intervistati ritiene che il proprio governo non tenga sufficientemente conto dei principi morali ed etici quando autorizza l’export militare. Un giudizio condiviso dal 65% degli italiani, dal 61% degli spagnoli, dal 60% dei tedeschi e dal 53% dei francesi. In particolare, gli italiani sono quelli più contrari all’export di armi e alle spese militari.
  • I cittadini bocciano soprattutto le esportazioni di armi verso Stati dittatoriali, che violano diritti umani o sono coinvolti in guerre, mentre un italiano su quattro ritiene che il nostro Paese non dovrebbe esportare armi in assoluto. 
  • La maggioranza degli intervistati è contraria anche alle politiche in tema di export congiunto dei sistemi d’arma europei, come i caccia di nuova generazione, verso Paesi terzi. Per il 76% degli italiani, il 73% dei tedeschi, il 69% degli spagnoli e il 59% dei francesi, infatti, il proprio governo non dovrebbe partecipare a progetti europei se “le armi sviluppate e prodotte in ambito comunitario venissero vendute a Stati dittatoriali, coinvolti in guerre o in violazioni dei diritti umani”.
  • La maggioranza dei cittadini non vede alcun beneficio dalle esportazioni di armi. Rispondendo alla domanda: “Secondo lei, chi nel suo Paese beneficia maggiormente delle esportazioni di armi?”, solo una manciata di intervistati ha indicato “la popolazione” o “i lavoratori”: in Italia e in Spagna rispettivamente il 2 e il 3%, in Germania e in Francia il 3 e il 4,5%. Per gli italiani, a guadagnarci sono essenzialmente l’industria bellica (55%) e il governo (22%).

Plebiscitaria, infine, è la richiesta degli intervistati di ridurre le spese militari: quasi l’80 per cento degli italiani è a favore di un taglio, contro solo un 2% che le vorrebbe aumentare. Netta anche la posizione di spagnoli (70%) e tedeschi (63%), mentre tra i francesi solo la maggioranza relativa (40%) si schiera per la decurtazione.

Le esportazioni di armi devono essere regolamentate in modo più rigoroso

Le risposte degli intervistate mostrano come il governo italiano, al pari degli altri esecutivi europei, stia operando in tema di export di armi contro il mandato dei cittadini, che non vogliono essere complici di repressione e atrocità vendendo armi a regimi dittatoriali o in guerra.

Se l’Europa vuole funzionare come progetto di pace, le esportazioni di armi devono essere regolamentate in modo più rigoroso. Anche l’Italia deve fare la sua parte, estendendo l’embargo che ha già imposto alle bombe e ai missili diretti in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi a tutti i tipi di armamento e a tutti i Paesi coinvolti in conflitti o in violazioni dei diritti umani. 

In Italia, se vogliamo rispettare il volere dei cittadini, serve un’applicazione rigorosa della legge 185/90 che regola il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, e che già vieta l’export di armi verso Paesi coinvolti in conflitti e in violazioni dei diritti umani, oltre a una comunicazione trasparente di tutte le operazioni di export bellico.